La camorra e i biblisti del male

di Vittorio Del Tufo
Giovedì 28 Aprile 2016, 01:15 - Ultimo agg. 23:00
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«Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire». Chissà se Walter Mallo, uno dei protagonisti delle folli notti di violenza a Napoli, rimasto ferito in un agguato in risposta al raid della settimana scorsa alla Sanità, conosceva il brano del Deuteronomio 32 della Bibbia, il suo significato simbolico e la potenza evocativa del messaggio che vi è contenuto. Se lo avesse conosciuto, probabilmente, lo avrebbe utilizzato per rafforzare i concetti espressi nei deliranti post scritti su Facebook alla vigilia del ferimento, infarciti di riferimenti biblici all’infamia, al disonore, al castigo e alla vendetta. Castigo e vendetta poco divini, nel caso di Mallo e dei suoi sodali, e molto terreni, come dardi infuocati lanciati contro i nemici del clan per riaffermare, prima ancora che un’egemonia criminale, il valore dell’appartenenza a una famiglia, a una tribù, a un sistema.
Come ha raccontato ieri il «Mattino», Mallo è sospettato di far parte del gruppo di dodici pistoleri che seminano il terrore nel centro storico con le loro «stese». «La tempesta passerà e la tua prova si trasformerà in trionfo», cita messianicamente il ventiseienne pregiudicato del Rione don Guanella saccheggiando, tra i passi biblici, quelli che evidentemente ritiene più vicini al suo mondo di riferimento, fondato sul doppio architrave dell’onore (da conquistare) e del tradimento (da punire). Già, perché per Mallo e per quelli come lui «la punizione al disonore non avrà mai fine, sarà sempre l’inizio». Ma è la vittoria, alla fine, l’unico faro, il solo orizzonte possibile. Una vittoria che «è sempre nel pugno di pochi», una vittoria del «sangue onorato». 
Il lessico della camorra, di per sé primitivo e fondato su poche parole chiave - rispetto, onore, disonore, infamia, rancore, vendetta - si adegua ai nuovi strumenti di comunicazione, sempre più liquidi e orizzontali, e dà vita a un linguaggio nuovo, disintermediato, di facile consumo e ricco di contaminazioni. È un linguaggio che raggiunge tutti, proprio perché declinato attraverso i codici della modernità. Certo, c’è la camorra stracciona e violenta dei killer e aspiranti boss che infestano le strade del centro storico con le loro «stese» e le loro scorribande armate; e c’è la camorra imprenditrice che lucra affari dagli appalti strizzando l’occhio al potere politico. Ma resta l’analfabetismo culturale di fondo di un mondo, di un «sistema», appunto, che continua a replicare all’infinito codici e modelli di comportamento da Medio Evo utilizzando però i nuovi linguaggi, da Internet alla fiction televisiva, fino al saccheggio amorale dei versetti biblici.

«Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire». Chissà se Walter Mallo, uno dei protagonisti delle folli notti di violenza a Napoli, rimasto ferito in un agguato in risposta al raid della settimana scorsa alla Sanità, conosceva il brano del Deuteronomio 32 della Bibbia, il suo significato simbolico e la potenza evocativa del messaggio che vi è contenuto. Se lo avesse conosciuto, probabilmente, lo avrebbe utilizzato per rafforzare i concetti espressi nei deliranti post scritti su Facebook alla vigilia del ferimento, infarciti di riferimenti biblici all’infamia, al disonore, al castigo e alla vendetta. Castigo e vendetta poco divini, nel caso di Mallo e dei suoi sodali, e molto terreni, come dardi infuocati lanciati contro i nemici del clan per riaffermare, prima ancora che un’egemonia criminale, il valore dell’appartenenza a una famiglia, a una tribù, a un sistema.
Come ha raccontato ieri il «Mattino», Mallo è sospettato di far parte del gruppo di dodici pistoleri che seminano il terrore nel centro storico con le loro «stese». «La tempesta passerà e la tua prova si trasformerà in trionfo», cita messianicamente il ventiseienne pregiudicato del Rione don Guanella saccheggiando, tra i passi biblici, quelli che evidentemente ritiene più vicini al suo mondo di riferimento, fondato sul doppio architrave dell’onore (da conquistare) e del tradimento (da punire). Già, perché per Mallo e per quelli come lui «la punizione al disonore non avrà mai fine, sarà sempre l’inizio». Ma è la vittoria, alla fine, l’unico faro, il solo orizzonte possibile. Una vittoria che «è sempre nel pugno di pochi», una vittoria del «sangue onorato». 
Il lessico della camorra, di per sé primitivo e fondato su poche parole chiave - rispetto, onore, disonore, infamia, rancore, vendetta - si adegua ai nuovi strumenti di comunicazione, sempre più liquidi e orizzontali, e dà vita a un linguaggio nuovo, disintermediato, di facile consumo e ricco di contaminazioni. È un linguaggio che raggiunge tutti, proprio perché declinato attraverso i codici della modernità. Certo, c’è la camorra stracciona e violenta dei killer e aspiranti boss che infestano le strade del centro storico con le loro «stese» e le loro scorribande armate; e c’è la camorra imprenditrice che lucra affari dagli appalti strizzando l’occhio al potere politico. Ma resta l’analfabetismo culturale di fondo di un mondo, di un «sistema», appunto, che continua a replicare all’infinito codici e modelli di comportamento da Medio Evo utilizzando però i nuovi linguaggi, da Internet alla fiction televisiva, fino al saccheggio amorale dei versetti biblici.
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