Conti in rosso la vera zavorra
è sul futuro

di Nando Santonastaso
Martedì 17 Ottobre 2017, 22:18
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Si prova un senso di profonda frustrazione nel leggere le 103 pagine dell’ultima diffida della Corte dei Conti al Comune di Napoli. È del tutto simile a quello che in genere accompagna anche i dialoghi quotidiani della gente: i bus in ritardo o sovraffollati, le strade sporche, i cantieri infiniti, la criminalità. Pochissimi, forse nessuno più, sperano che prima o poi su tutte queste ferite aperte possa finalmente arrivare il balsamo della cura, l’inversione della tendenza, la cosiddetta svolta.

Figuriamoci per i conti pubblici di una città di oltre un milione di abitanti che continua a vedere come una chimera il giorno in cui potrà offrire ciò che altrove è già da tempo una certezza: servizi di qualità a cominciare dai trasporti, igiene urbana, finanza attiva e rigorosa al punto da attrarre investitori italiani e stranieri. Non se ne può davvero più delle multe non riscosse, dei bilanci appesi a un filo, dei dissesti o pre-dissesti come spade di Damocle sulla pelle dei contribuenti. Ma soprattutto della sensazione, sempre più diffusa, che l’unico rimedio sia di prendere tempo, sfruttando le pieghe di leggi e leggine che altro non riescono a garantire se non di spalmare i debiti su un periodo di anni più lungo, sempre più lungo.

È il paradosso più grave ma, ahinoi, immancabile in casi del genere: i diritti dei cittadini di ricevere prestazioni pubbliche all’altezza del dettato Costituzionale «devono» cedere il passo ad alchimie contabili incapaci di sradicare alla radice l’origine dei loro problemi eppure addirittura necessarie ad evitare guai ancora peggiori. È vero, Napoli non è l’unico Comune italiano ad avere grosse incognite sulla tenuta della finanza locale e non è sicuramente il solo ad essere stato penalizzato dai tagli ai trasferimenti dallo Stato.
Ma è certamente il più rappresentativo delle trecento piccole e medie città che sono nelle stesse condizioni. E soprattutto quello che con l’acqua alla gola ci sta da maggior tempo senza essere riuscito ad accrescere il livello di qualità dei suoi servizi e soprattutto la capacità di imporre le sanzioni e di farsele pagare.



È proprio questa penosa ripetitività di scenari tristi e immutabili che fa male: nessuno può dubitare della buona volontà di quanti si impegnano ogni giorno, anche nella pubblica amministrazione, a respingere questo andazzo ma il risultato, purtroppo, resta modesto. E non bastano i buoni numeri del turismo o i segnali di una ripresa economica che sta lentamente facendosi strada anche qui: anzi, gli uni e gli altri dovrebbero poter contare sulla credibilità anche finanziaria della macchina amministrativa, presupposto a dir poco strategico ma di assoluta normalità per trasformare la ricchezza di una stagione fortunata in un investimento duraturo. Di quelli, per intenderci, che servono a rassicurare anche le giovani generazioni e a non fare apparire per scontato che fuori di qui comunque è meglio.
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