Coronavirus in Campania, superato il primo esame: niente picco, a giugno attesi solo 5 casi al giorno

Coronavirus in Campania, superato il primo esame: niente picco, a giugno attesi solo 5 casi al giorno
di Maria Pirro
Lunedì 18 Maggio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 19 Maggio, 13:58
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Primo test superato. Non si registra un picco di contagi né con la riapertura di ristoranti e pizzerie, nelle ultime due settimane autorizzata per le consegne a domicilio e il cibo di asporto, né con la precedente ripresa delle attività delle librerie e delle cartolerie, tanto meno con la successiva fase dei rientri da altre regioni e il via libera alla passeggiata e alla corsa, di nuovo consentite dopo il più faticoso lockdown. I tamponi positivi in Campania si attestano tra i dieci e i venti al giorno. Appena nove, il 13 maggio; quindici, il 14 maggio; quattordici, il 15; senza picchi preoccupanti fino a ieri. «I casi restano sporadici o legati a realtà tenute sotto sorveglianza già in precedenza», certifica Alessandro Perrella, dirigente medico del Cardarelli e componente dell’unità di crisi sul Coronavirus istituita dalla Regione: suo l’algoritmo usato per valutare il trend dell’epidemia, «in origine elaborato per le infezioni ospedaliere nella mia struttura sanitaria e poi affinato inserendo ulteriori dati e variabili», ricorda con orgoglio. E, nelle prossime settimane, il suo procedimento di calcolo numerico prevede una ulteriore riduzione dell’incidenza, nonostante ci siano più possibilità di contatto tra le persone con lo shopping, la piega dal parrucchiere e i pasti fuori casa.  
 

 

«A inizio giugno la media attesa è di cinque nuove diagnosi al giorno», anticipa Perrella, precisando che sembra impossibile, senza vaccino, scendere comunque a zero e resta decisivo rispettare le misure disposte per ridurre il rischio. Occorre cioè fare attenzione a oggetti toccati dagli altri, lavare spesso le mani e non portarle alla bocca, al naso e agli occhi, e continuare a evitare assembramenti e a indossare ovviamente la mascherina. Ulteriori disposizioni riguardano le strutture sanitarie, dove è più alto il pericolo che un paziente con la febbre, non intercettato per tempo, possa creare focolai. Per questo, l’Asl Napoli 1 Centro vuole chiudere i reparti Covid nei presidi chiamati a riprendere l’attività ordinaria con un preciso protocollo che prevede, ad esempio, la misurazione della temperatura prima delle visite ambulatoriali e il tampone tre giorni prima dei ricoveri programmati. 
 

Nel capoluogo campano si contano il 20 per cento delle infezioni sul totale, nell’hinterland partenopeo sono poco meno del 35, in Irpinia l’11, nel Sannio il 4, a Caserta e dintorni il 9, nel Salernitano il 14. Cui si aggiungono altre situazioni classificate diversamente. «Come Asl, stiamo lavorando per realizzare sul territorio quanto previsto dal piano regionale per lo screening di sorveglianza sanitaria Covid-19», dice il manager Ciro Verdoliva, che spiega di aver previsto i tamponi al personale che lavora in corsia e no, nell’ambito della rete di vigilanza rafforzata, entro il 31 maggio. Più i test per i pazienti che manifestano i sintomi e per quanti sono venuti in contatto con i “positivi” e i loro familiari. Un migliaio gli esami effettuati al giorno. In particolare, tra il 5 e il 18 maggio, i positivi al tampone a Napoli sono passati da 938 a 977, i guariti da 307 a 369, i ricoverati in ospedale da 108 a 87, i cittadini in isolamento domiciliare da 427 a 334, quasi cento in meno; mentre quelli sotto sorveglianza sono aumentati, da 2719 a 2799. Nello stesso periodo, si sono avuti solo 13 morti, 120 in totale. «I dati dunque sono molto incoraggianti», commenta Verdoliva, «ma devono essere considerati per almeno quattro settimane per poter essere considerati validi al fine di un stabilire un trend solido». Il periodo di incubazione del nuovo virus va infatti dai cinque ai sette giorni, in media. Ciò significa che un riscontro dei comportamenti di oggi è atteso solo tra quindici giorni, se non di più. 
 
 

«E, anche se la diffusione della patologia, al momento, è sotto controllo, l’allerta rimane elevata», afferma Angelo D’Argenzio, direttore dell’osservatorio epidemiologico regionale e componente dell’unità di crisi che è in attesa di vedere i risultati dell’indagine sul Letino, ultima zona rossa in Campania decisa dal governatore Vincenzo de Luca, un altro tassello per capire. «C’è stata finora una buona capacità di isolare i focolai: proseguendo così, si va verso la fine dell’emergenza», interviene Maria Triassi, ordinario di Igiene alla Federico II e responsabile della task-force sul Coronavirus in Ateneo.
La professoressa avverte: «Ora è importante investire bene le risorse in sanità, cercando di evitare di utilizzarle lì dove non sono necessarie e di dedicarle invece alla medicina territoriale che può aiutare a riconoscere precocemente casi e cluster. Questa è la sfida del futuro». D’Argenzio annuisce: «Le terapie intensive sono quasi vuote, i ricoveri pochi nell’intera regione: dunque si può estendere subito l’esame con il tampone a tutti i contatti stretti dei pazienti Covid: è una mossa utile». E il 27 maggio iniziano i testi sierologici, 150mila a Napoli e nelle altre province, per individuare asintomatici e immuni, quelli cioè che hanno contratto la malattia senza nemmeno accorgersene e hanno sviluppato gli anticorpi. 

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