De Magistris-De Luca: un ponte fragile per il futuro di Napoli

di Pietro Treccagnoli
Domenica 13 Agosto 2017, 00:00 - Ultimo agg. 00:39
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Passata, ma non archiviata, la stagione delle dispute a muso duro, perché i caratteri ci sono e come tutti i caratteri hanno le loro ruvidezze, giorno dopo giorno tra il sindaco Luigi de Magistris e il presidente della Regione Vincenzo De Luca s’imbastiscono prove di dialogo. Quando l’acqua arriva alla gola occorre fare di necessità virtù, ingoiare qualche rospo e richiamare nel proprio cerchio magico persino chi in passato è stato fin troppo critico.

Così la nomina a commissario straordinario dell’Abc, l’azienda idrica della città che fa acqua da tutte le parti, del potente Sergio D’Angelo, patron di Gesco, efficiente gestore di welfare e di consenso ed ex assessore nella prima giunta di DeMa, diventa un segnale chiaro delle difficoltà del sindaco. Si comprende sempre meglio che ha bisogno del Salernitano, perché è lui a tenere i cordoni della borsa. Serve un pontiere, quindi, l’ennesimo. E D’Angelo, nell’intervista di ieri, si è attribuito proprio questo ruolo, l’ha rivendicato come strategico. Come il Wolf di «Pulp Fiction» chiamato a risolvere problemi, non s’è fatto pregare più di tanto e adesso si appresta a sbucciare la patata bollente di un’azienda disastrata.

La partita da giocare richiede alleanze e D’Angelo, grazie al buon rapporto con il vicepresidente di Santa Lucia, Fulvio Bonavitacola, ha filo per tessere nel proprio telaio. D’Angelo è un altro mattone per un ponte ancora troppo lungo, troppo pericolosamente esposto ai venti che soffiano tra Palazzo San Giacomo e Palazzo Santa Lucia, agli straripamenti dell’impetuosa corrente delle polemiche e degli schieramenti ideologici. DeMa è comunque di nuovo sceso a patti e a miti consigli. Lo aveva già fatto per Bagnoli, con il governo, e sarà costretto a farlo ancora in altre occasioni, se non vuole restare più senza acqua in cui nuotare o almeno galleggiare. L’importante, per l’ex-pm, è saper vendere una sconfitta come una vittoria.

Sul piatto ci sono anche le Universiadi, una vetrina dalla quale in tanti potranno asportare visibilità. E il presidente della Regione ormai non fa più mistero della sua brama di mettere le mani sul Pd napoletano, di non essere più considerato come un marziano a Napoli. Accordi neanche troppo segreti vanno in questa chiara direzione. A de Magistris allora toccherà abbozzare ancor di più per non finire schiacciato nel morso di una tenaglia inesorabile. Passo dopo passo dalla sponda ribelle, antagonista che porta sempre più striminziti consensi, il sindaco sta approdando a quella della concretezza.

Ha quindi bisogno di uomini del dialogo. Quali saranno le merci di scambio, come i più maliziosi sospettano, per ora non è facile capirlo. Di sicuro la popolarità non passa attraverso un Corno sul Lungomare, ma con l’acqua che esce dai rubinetti, con i bus che non saltano le corse, con le strade liberate dall’illegalità quotidiana. E non sono soluzioni a costo zero. Occorrono soldi e alleanze, più che una rivoluzione chavista ne serve una copernicana.
Ma, considerati i personaggi e le loro spigolosità, è ancora presto per veder girare i pianeti nella giusta direzione. Ed è anche prematuro rispolverare parafrasato il popolare augurio napoletano: «Passasse D’Angelo e dicesse Amen».

 
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