De Magistris, invitato all’assise, ha preferito convocare per la stessa ora una conferenza stampa sul Maggio dei Monumenti, inviando dagli industriali il suo vice, Raffaele Del Giudice, che farà un bel saluto e buona giornata a tutti, fate come se noi non ci fossimo. Peccato però che non ci troviamo sul set di un film di Moretti - «ah no, se si balla non vengo» - ma nei luoghi dove ci si confronta sui problemi seri e concreti (sviluppo, risorse, infrastrutture, investimenti); gli stessi temi che dovrebbero stare a cuore al sindaco e che sicuramente stanno a cuore alla città.
Questo tirarsi continuamente fuori, questo mettersi pervicacemente da parte snobbando gli altri soggetti istituzionali, risponde certamente a una strategia che il sindaco persegue da tempo: la strategia del conflitto permanente, soprattutto nei confronti del governo e della Regione; risponde anche, molto più terra-terra, a un calcolo tutto politico ed elettorale, che è quello di intercettare il consenso di piazza - operazione che, beninteso, al sindaco riesce benissimo - cavalcando l’onda populista del furore anti-elíte e anti-establishment. Ma è una strategia che danneggia proprio la città che si ha l’onore e il dovere di rappresentare, in tutte le sedi e in tutte le cabine di regia. La quale città è un po’ stanca, anzi molto stanca, di giochi e giochetti e vorrebbe incamminarsi sulla via della crescita e dello sviluppo, anziché su quella delle barricate a oltranza. Si può pretendere il rispetto delle altre istituzioni quando non ci si comporta da soggetto istituzionale? E qual è il discrimine, il punto di rottura, tra il disegno personale e individuale del sindaco e il bene supremo della collettività che si dovrebbe rappresentare? De Magistris ha dichiarato più volte di voler dialogare con il governo, con la Regione e con tutti i soggetti istituzionali ai quali spetta il compito di indicare, per la città, prospettive di crescita e di sviluppo. Anche stavolta, a meno di ripensamenti dell’ultima ora, dimostra di non volerlo fare sul serio.