L'indisponenza istituzionale

di Vittorio Del Tufo
Mercoledì 26 Aprile 2017, 23:05
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 Come il protagonista di Ecce Bombo, il film di Nanni Moretti, il sindaco deve averci pensato un po’ su: mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Ma sì, forse mi si nota di più se non vengo, è stata la conclusione. E infatti stamattina, al convegno organizzato in occasione del centenario dell’Unione Industriali a Città della Scienza, alla presenza del ministro del Sud Claudio De Vincenti, del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, dell’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri, del governatore Vincenzo De Luca e del responsabile dell’agenzia per la coesione territoriale, Maria Ludovica Agrò, l’unica sedia vuota sarà quella di De Magistris. E poco importa se si parlerà di sviluppo del Mezzogiorno e in particolare di Napoli, di risorse per rilanciare e sostenere la crescita, di riqualificazione urbana e di infrastrutture. Poco importa se a discutere di questi temi ci saranno governo, Regione, industriali e istituti di credito, ovvero proprio quei soggetti con i quali il sindaco un giorno sì e l’altro no dichiara di voler interloquire per non lasciare che l’amministrazione comunale resti fuori dalle decisioni che contano.

De Magistris, invitato all’assise, ha preferito convocare per la stessa ora una conferenza stampa sul Maggio dei Monumenti, inviando dagli industriali il suo vice, Raffaele Del Giudice, che farà un bel saluto e buona giornata a tutti, fate come se noi non ci fossimo. Peccato però che non ci troviamo sul set di un film di Moretti - «ah no, se si balla non vengo» - ma nei luoghi dove ci si confronta sui problemi seri e concreti (sviluppo, risorse, infrastrutture, investimenti); gli stessi temi che dovrebbero stare a cuore al sindaco e che sicuramente stanno a cuore alla città.
Questo tirarsi continuamente fuori, questo mettersi pervicacemente da parte snobbando gli altri soggetti istituzionali, risponde certamente a una strategia che il sindaco persegue da tempo: la strategia del conflitto permanente, soprattutto nei confronti del governo e della Regione; risponde anche, molto più terra-terra, a un calcolo tutto politico ed elettorale, che è quello di intercettare il consenso di piazza - operazione che, beninteso, al sindaco riesce benissimo - cavalcando l’onda populista del furore anti-elíte e anti-establishment. Ma è una strategia che danneggia proprio la città che si ha l’onore e il dovere di rappresentare, in tutte le sedi e in tutte le cabine di regia. La quale città è un po’ stanca, anzi molto stanca, di giochi e giochetti e vorrebbe incamminarsi sulla via della crescita e dello sviluppo, anziché su quella delle barricate a oltranza. Si può pretendere il rispetto delle altre istituzioni quando non ci si comporta da soggetto istituzionale? E qual è il discrimine, il punto di rottura, tra il disegno personale e individuale del sindaco e il bene supremo della collettività che si dovrebbe rappresentare? De Magistris ha dichiarato più volte di voler dialogare con il governo, con la Regione e con tutti i soggetti istituzionali ai quali spetta il compito di indicare, per la città, prospettive di crescita e di sviluppo. Anche stavolta, a meno di ripensamenti dell’ultima ora, dimostra di non volerlo fare sul serio.
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