Gli algerini esplusi liberi di delinquere

di Francesco Durante
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 00:33
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Quello che è successo l’altra notte sulla nave «Janas» in viaggio da Cagliari a Napoli col suo carico di immigrati espulsi propone alla nostra attenzione tre notizie che in buona misura potrebbero apparirci nuove e inaspettate. La prima è che la rotta libica dell’emigrazione verso l’Italia non è l’unica in partenza dall’Africa: ve n’è infatti anche una algerina, fatta come l’altra di scafisti senza scrupoli e di barconi scassati che però si dirigono verso le coste del Sulcis, Sardegna sud-occidentale. 

La seconda notizia è che il decreto di espulsione dei migranti irregolari non è in alcun modo un punto di non ritorno. Nei mesi scorsi numerosi algerini sbarcati in Sardegna si erano resi protagonisti di un furto di massa (una volta lo si sarebbe detto un esproprio proletario) in un supermercato di Cagliari, oltre che di scippi, di rapine e anche di una violenza sessuale. Tutto questo, si badi, dopo aver già ricevuto il foglio di espulsione: un provvedimento che, a dar credito al sindacato di polizia Sap, non sarebbe dunque altro che «un lasciapassare che garantisce la libertà di delinquere» (ovviamente in Italia, non in Algeria). 

La terza notizia è un corollario della seconda: in virtù di un tipico paradosso della democrazia - che giustamente non può ammettere procedure spicce - se uno viene espulso, ma fa ricorso contro l’espulsione, ha l’automatico diritto a rimanere dov’è fino a quando l’iter del ricorso non si sia concluso. Visti i tempi della giustizia, parliamo di anni. E comunque, anche se non hai fatto ricorso, mica è detto che te ne devi andare subito. Per esempio, puoi decidere di sparire, cosa niente affatto difficile. Infatti uno degli algerini della nave «Janas» era già stato destinatario di un decreto di espulsione emesso dalla questura di Varese, quindi in teoria non avrebbe dovuto trovarsi ancora in Italia; e per un altro era addirittura scattato, dopo un arresto subito nel 2014, il divieto di tornare in Italia per cinque anni (giudicate voi quanto beffardo sia quel verbo «tornare» applicato a qualcuno che non s’era mai sognato di andarsene).

E insomma rieccoci al punto di partenza. Che razza di tempo sospeso dell’illegalità sia quello delle espulsioni lo ha dimostrato in modo molto chiaro la notte da incubo che si è vissuta sulla nave partita dalla Sardegna. Le cronache ci dicono che una gran parte degli extracomunitari imbarcati a spese dello Stato si sono lasciati andare a un vasto repertorio di azioni proibite: furti, molestie, vandalismi e una bella maxi-rissa intestina. La Tirrenia aveva riservato per loro una zona precisa della nave; evidentemente, però, la precauzione non è stata sufficiente, e d’altra parte i cinquanta migranti non erano accompagnati dalla polizia durante il loro viaggio.

Ora gli algerini sono sul continente. Questo dovrebbe essere solo un passaggio verso altra destinazione, ma ci sono fondate ragioni per credere che non sarà così. Difficile dire quanti se la fileranno, diciamo così, all’inglese (e quanti, magari, non l’abbiano già fatto). Difficile dire, anche, quanti - forse i più furbi - troveranno l’assistenza di un legale per fare ricorso: proprio l’altro ieri questo giornale ha documentato come gli avvocati dei fori di Napoli e di Milano siano i più attivi ed esperti d’Italia in questa specialità. Difficile dire, infine, quanti torneranno in Algeria: ma è prevedibile che si tratterà di un’esigua minoranza.

Resta il fatto che quella notte sul traghetto dalla Sardegna è servita ai cittadini italiani che erano a bordo per conoscere in prima persona un problema cui troppo spesso si sono date risposte più accademiche che concrete, più teoriche che pratiche, e magari in nome di un umanitarismo più vago che responsabile: quello che preferisce glissare sulla realtà invece di affrontarla a viso aperto, o addirittura abolirla con petizioni di principio tanto categoriche quanto inconcludenti. Facciamo conto che su quel traghetto viaggiasse tutta l’Italia, e proviamo a immaginare quale potrebbe essere domani la sua reazione. Tra un approccio al problema democratico ma evidentemente condfuso, e una soluzione di stampo razzista ma apparentemente efficace, che cosa sceglierebbe? Altrove, la risposta ha avuto il nome di Trump.
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