Il «gigante» con vista sul Golfo
conquista il popolo del selfie

Il «gigante» con vista sul Golfo conquista il popolo del selfie
di Pietro Treccagnoli
Sabato 10 Dicembre 2016, 23:53
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C’era da scommetterci che si finiva sul Lungomare Cupiello. Te piace Nalbero? C’è sempre qualche piccioso Tommasino a rispondere no, ma per lo più, la maggioranza del popolo del primo giorno sta dalla parte dell’eduardiano Lucariello gradisce. Il mastodonte di tubi, spuntato come un fungo alla Rotonda Diaz gli piace. Ma gli piace di più quello che da lassù si vede. E così è tutto un selfeggiarsi, un fotografare, un indicare con il dito un dettaglio, un palazzo, una cupola, per orientarsi e per stupirsi. Nalbero, già al suo debutto è entrato nell’aneddotica napoletana. Tutti a raccontarselo o, al contrario, a disdegnare. Un gioco di società, condito di polemiche. Pensatela come volete, ma la torre sumera, lo zigurrat resterà là in mezzo fino all’8 marzo (al netto di qualche proroga, c’è sempre una proroga per il provvisorio). È kitsch? È stonato? È troppo pop? Deturpa lo skyline? È sicuro? È illegale? Sono tutte domande che chi, spinto dalla curiosità, è arrivato fin dal giorno del debutto, per scalare l’impalcatura, non si pone. Nalbero c’è. E un’occhiata gliela da.

<HS9>Quando alle 11,30 di ieri hanno aperto le transenne per fare entrare i visitatori, si vedeva una bella fila, che tranne qualche deflusso, è rimasta (cambiando le persone, ovvio) fino a sera. Dalla foschia lattea della mattinata alle luci sfavillanti, quando è cominciata a calare la precoce notte di dicembre. I primi ad entrare sono stati Alfonso Ferrante, guardia giurata, napoletano trapiantato a Udine da quasi vent’anni, e suo figlio Cesare di 11 anni. «Avevamo sentito parlare di Nalbero» racconta Alfonso mostrando orgoglioso il biglietto numero uno «attraverso i social e dai giornali. Così siamo venuti a Napoli proprio per questa iniziativa. Ero incuriosito dalla struttura ed ero certo che il panorama da qui su sarebbe stato stupendo. Secondo me Nalbero avrà un grande successo tra i turisti e tra i napoletani che come me lavorano fuori e tengono sempre la città nel cuore». Gli accenti d’attorno, a parte quelli cittadini, variano dal ciociaro al nordico. Le armi a portata di mano sono lo smartphone, con o senza asticella, dipende alla capacità di estendere il braccio, e la fotocamera, per quelli che vogliono darsi un tono.

L’ascensore porta in cima, dopo aver pagato il biglietto di otto euro, perché solo fino al ristorante e al bar, nel piano medio, è possibile accedere a gratìs. Ma quasi tutti se la fanno a piedi e indugiano sulle piattaforme da dove si vede il panorama, incuranti della brezza gelida, a tratti insistente, che colpisce il viso. Coppiette di giovani, coppie più mature, famiglie con i bambini («Stai attento Ciro, tieniti vicino a mammà»), scalatori solitari. Il selfie più gettonato è quello con Pizzofalcone, Castel dell’Ovo e le punte del Vesuvio sullo sfondo. Tocca addirittura aspettare il turno per acquisire la postazione ideale e sfoggiare il migliore dei sorrisi. Giù, rimpiccioliti, i pedalò, il trenino, i carrettini degli hot dog che la polizia municipale ha fatto spostare di qualche decina di metri, gli immancabili camioncini della porchetta, l’eterna sagra del Lungomare. La vista, quando si alza lo sguardo, è classicamente e banalmente mozzafiato. Lo era a prescindere.

Qualcuno, però, rimane perplesso. Come Enza Rendina, insegnante casertana: «Non dà l’idea di un albero». E aggiunge: «All’interno è molto spoglio. Solo tubi. Poco verde. Mi aspettavo più piante. Magari quando di sera è illuminato l’effetto cambia. Comunque è piacevole stare quassù e godersi Napoli dall’alto». Il panorama seduce pure Nevia Navas, di Acerra. È venuta con il figlio e ha guadagnato la vetta gradino dopo gradino: «È davvero molto bello. Il panorama stordisce, peccato che oggi ci sia foschia». Effettivamente il Golfo dall’altezza di quarantacinque metri potrebbe dare di più. Ma da qui a tre mesi, avete voglia di giornate luminose con l’azzurro che vi penetra negli occhi e pure nelle ossa.

Fatima Ramaglia, è salita fin dove era possibile salire e si gode lo sguardo sulla città, sul presepe della collina del Vomero. Non lesina le foto e i selfie. «Secondo me, però, il prezzo del biglietto è troppo alto» commenta. «A parte il panorama non c’è nulla da vedere. Comunque immagino che farà molto bene al turismo. Le foto che si scatteranno da quassù faranno il giro del mondo e sarà tutta pubblicità per Napoli».
Al ristorante, più giù, servono piatti di pesce, al bar vanno forte panini e cocacola. Seduti al tavolo, con la Rotonda sul mare sotto il piedi, ci si sente in un capsula protetta. Si possono dimenticare le zelle e i cattivi odori che normalmente impestano l’aria di Mappatella Beach. Napoli, va vista da lontano, suggeriva Walter Benjamin. E allora non resta che prenderla con filosofia. Adda passà Nalbero.
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