Il prezzo alto dell'acqua gratis

di Davide Tabarelli
Sabato 24 Giugno 2017, 23:51
3 Minuti di Lettura
Fra i tanti paradossi che l’Italia ha, quello dell’acqua è uno dei più interessanti, quale metafora della cultura economica del Paese. Il referendum del 2011, richiesto da chi cercava facile consenso politico, ha sancito che l’acqua deve essere pubblica, ovvero non gestita da società private. 

In sostanza, nella concezione dei fautori, poi anche vincitori, l’acqua deve essere gratis. Peccato che per fare le reti occorre pagare una fattura ai produttori dei tubi di acciaio che, notoriamente, non lavorano gratis. In sostanza vanno fatti investimenti per far sì che si possa aprire il rubinetto e metterci sotto la bocca per dissetarsi. Gli investimenti devono essere finanziati con la creazione di addizionale valore, per pagare gli interessi, attraverso quella brutta cosa, per molti, che si chiama profitto e questo passa per i prezzi di vendita, o tariffe, fatte pagare ai consumatori finali. L’Autorità per l’Energia elettrica e il gas si è vista rifilare nel 2012, dopo il referendum, anche la gestione del Servizio idrico. Con molta fatica sta cercando di correggere la visione integralista, quasi da sistema sovietico, con meccanismi di stimoli agli investimenti che sono estremamente urgenti, come testimoniano appunto le odierne lamentale e i continui richiami dell’Unione Europea. 

Certo, per molti è un segno di civiltà sapere che le tariffe dell’acqua che paghiamo a casa sono fra le più basse al mondo: 1,1 Euro al metro cubo, vale a dire poco più di un millesimo al litro. Nel resto d’Europa si pagano tariffe superiori da 3 a 6 volte le nostre. Visto che ci costa poco a casa, allora preferiamo comprare quella che beviamo fuori, nelle bottiglie, il cui prezzo è superiore di almeno 200 volte a quella del rubinetto. Se uno lascia aperto il rubinetto per innaffiare il giardino e consuma 200 litri di acqua, alla fine va a spendere 20 centesimi di Euro. Questo basso prezzo è in realtà quasi un incentivo allo spreco. I consumi degli italiani nelle case si collocano in media sui 56 metri cubi per persona, il che implica una spesa per gli usi domestici inferiore ai 60 euro per persona all’anno. La spesa per una famiglia tipo in base ai dati Istat è di 160 euro all’anno, lo 0,5% del totale della spesa di circa 30 mila €. Che ci sia gente che si scandalizza della scarsa qualità del servizio è davvero sorprendente con questi livello di prezzo. Inevitabile che in passato gli investimenti siano stati bassi e che oggi la rete sia un colabrodo, con perdite al nord che sono al 26% e al sud sfiorano il 50%. Più preoccupante, per le continue sanzioni dell’Europa, ma anche per la salute delle nostre città, è la non completa diffusione della depurazione, assente ancore per l’11% della popolazione. Mentre si parla tanto di smart city (città intelligenti, come che quelle vecchie fossero stupide), sarebbe anche il caso di risolvere questo problema, molto più urgente delle suggestive bande larghe per scaricare i film dei ragazzini. In sostanza, per innalzare la qualità del servizio serviranno un mucchio di investimenti, dell’ordine di 5 miliardi di € all’anno. Per il momento ne sono stati programmati per solo un terzo, impegno che è già un successo, visto le difficoltà nel far passare il principio che gli investimenti devono essere finanziati con tariffe più alte. L’estate è calda e le polemiche roventi, ma è un’occasione per spiegare agli italiani che il servizio idrico deve migliorare con più investimenti e che non può essere regalato come accade oggi. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA