Lorenzin: niente spinello libero
non temiamo blitz in Parlamento

di Elena Romanazzi
Giovedì 30 Giugno 2016, 23:38
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La parola chiave è rieducare. A tutto. È come se si dovesse avvolgere un nastro e ripartire da zero. Dai valori che si sono persi per strada senza sapere il perchè. Rieducare al sentimento. Al rispetto dell’altro. Di se stessi, del proprio corpo, della propria mente. Rieducare l’anima, imparare a contenere la rabbia, conoscere i propri limiti, accettarsi e migliorare senza distruggere. Imparare a comprendere quando si è di fronte ad un punto di non ritorno. La gioia e il rispetto della vita «non si insegnano con una legge».

Si possono lanciare messaggi chiari sugli effetti delle droghe, sull’alcol, sugli abusi in genere e fare campagne contro la violenza. Ma non basta. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è sconcertata e amareggiata. I femminicidi - spiega - sono la punta di un iceberg di un malessere più profondo, di violenze sussurrate, di una perdita di identità interiore delle stesse donne succube di uomini che magari hanno alle spalle storie drammatiche. 


Ministro da donna cosa prova quando una mamma, una compagna, viene uccisa?

«Sconcerto, rabbia e una profonda tristezza. Sconcerto, perchè mi chiedo come sia possibile che accadano questi episodi. La tristezza non solo per i lutti, ma per chi resta. I figli sono segnati per tutta la vita dagli episodi di violenza subiti dalle proprie madri. La rabbia. Penso alla ragazzina di 16 anni stuprata dal branco e alle parole di questi ragazzi che non si rendono conto di quello che hanno fatto. Provo un grande senso di frustrazione. Non è possibile che dopo 100 anni di rivendicazioni sulle donne, ci sono delle storie così. È una dimensione che va oltre quella normativa su cui si deve fare un lavoro immenso
».

Cominciando subito, Ministro cosa farebbe?

«Noi siamo un paese dotato di normative, abbiamo inasprito le pene, approvato le norme anti stalking e poi contro i femminicidi. Avviato la rete dei centri anti-violenza e il codice rosa negli ospedali. Non si tratta di fare nuove leggi ma di applicarle e eventualmente di renderle più solide».

In che modo?

«Va rafforzato il sostegno psicologico. Più psichiatri e psicoanalisti. Occorre potenziare la rete negli enti locali e nelle regioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale anche portando le best practice già esistenti. Il femminicidio è solo la punta di un iceberg di violenze quotidiane, di dinamiche diaboliche che si innescano all’intero della coppia, dove la sopraffazione viene considerata quasi normale. Anche i partner devono avere l’assistenza. Che uomini sono questi che commettono tali crimini, che vissuto hanno avuto? Occorre dare supporto per annullare queste dinamiche distruttive».

Quale tipo di supporto?

«Psichiatria e psicanalisi sono fanalino di coda nell’assistenza territoriale».

Verrà dunque incrementato?

«Fa parte delle linee guida che io ho dato, il ministero fornisce degli indirizzi, alcuni regioni recepiscono e altre no. È uno degli elementi di rafforzamento su cui sto insistendo anche sul piano strutturale. Ma questo non basta. Occorre andare nel profondo, oltre l’assistenza sanitaria. C’è un tema grande che è l’educazione al sentimento, al rispetto dell’altro, lontano da quegli stereotipi che magari sono stati inculcati fin da piccoli. Occorre ripensare i modelli, coinvolgere le famiglie, la scuola fin dall’asilo. Noi vogliamo fare una vera prevenzione contro la violenza e la rabbia. Il cervello fa clic perchè non sei stato educato a conoscere il tuo sentimento e a incanalare la rabbia».

Servono risorse e personale adeguato

«Per me è centrale. I fondi ci sono. La psichiatria e la psicanalisi sono per me due punti ora importanti sopratutto in una società dove aumentano i suicidi, le devianze, l’uso di droghe, l’abuso di alcol. Abusi in genere che eliminano i freni. Su questo si deve intervenire».

Della droga non si parla più. Il prossimo 25 luglio è stata calendarizzata la proposta di legge di liberalizzazione della marijuana. Cosa ne pensa?

«Io sono contraria e non è una novità. Ho letto la relazione tecnica e non mi ha convinto per nulla. Tutto il tema della liberalizzazione della marjuana è un business perchè il mercato della criminalità resta in piedi».

È un tema che può avere dei riflessi sull’esecutivo?

«È una proposta di legge parlamentare, dove ci sono posizioni diverse. Ognuno si assume la responsabilità di quello che fa. È assolutamente negativa questa proposta di legge e sa per quale motivo?».

Quale?

«Oggi queste sostanze si assumano a 11 anni, quando sei un bambino. Sulla droga se non passa un messaggio chiaro da parte degli adulti, «fa male o fa bene?», «è giusto o sbagliato?», non si va da nessuna parte. Gli effetti ti possono cambiare la vita in peggio. Un ragazzo giovane non ha la concezione della salute. Si ha una percezione del pericolo che è diversa».

Cosa farà? 

«Sto parlando, credo che debbano essere fatte campagne di comunicazione e informazione sulla droga continue. Questo tema riguarda tanti malesseri della nostra società. Ripartiamo sempre da un punto: aiutare i nostri figli a rispettarsi, a farsi rispettare e a rispettare il proprio corpo, la propria mente, ad avere la gioia della vita. Quando c’è stata l’emergenza dell’eroina ci sono stati anni di discussione, azioni dei genitori per cercare di combattere questa piaga. E oggi quanti sono i ragazzi che muoiono per droga? Sono tantissimi. Non se ne parla più».

Il 25 luglio cosa accadrà?

«Non credo al blitz, non vedo in Parlamento un dibattito così importante. Non sento questo mud del parlamento. Una volta che abbiamo liberalizzato cosa succede ai minori, cosa gli diciamo? E ci sono anche gli esempi degli altri paesi che non sono brillanti».

Della Vedova batte il tasto proprio sugli altri paesi. C’è un po’ di maretta tra i centristi?

«Della Vedova non è del mio partito.
Lo conosco da tempo, lo stimo, ma su questo tema dove ha sempre avuto questa posizione, non mi ha mai convinto».
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