Ma così il calcio è più debole

di ​Gianfranco Teotino
Domenica 24 Luglio 2016, 01:32
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Chi è il giocatore migliore della squadra che è arrivata seconda in classifica? Higuain? Preso. Chi è il giocatore migliore della squadra terza in classifica? Pjanic? Preso. Chi è il giocatore migliore della squadra quarta in classifica?
Ma dai, non serve, l’Inter è arrivata a 24 punti… Se si dovesse avvicinare, ci penseremo magari a gennaio... La caccia della Juve ai suoi pokemon si è già conclusa: due i mostri da acchiappare, due i mostri acchiappati. Visti e catturati. Anzi, acquistati. D’altra parte erano lì, sull’espositore, con l’etichetta del prezzo bene in vista. Neanche la seccatura di dover trattare. Adesso si può concludere il mercato: cedere Pogba, giusto per riequilibrare un po’ i conti, e prendere un altro centrocampista. Quasi non ci si ricorda più che nel frattempo sono arrivati Dani Alves e Benatia. Da Barcellona e Bayern Monaco, non due squadrette qualsiasi. Si va sull’usato sicuro. Tanto basta.
Si può già dire che il prossimo campionato è finito ancora prima di cominciare. Sesto scudetto consecutivo. Non era mai successo da che calcio è calcio. In Italia. Ma non solo. Sarebbe un record da terzo mondo del pallone. Nell’Europa che conta sono arrivati a quota 5 soltanto Real Madrid (oltre mezzo secolo fa) e Lione. Un monopolio del tutto legale, che però non fa bene alla salute del calcio italiano nel suo insieme. È un discorso delicato perché le operazioni della Juventus sono del tutto legittime. Addirittura da applaudire e da prendere a esempio. Stiamo parlando di una società che soltanto dieci anni fa era stata travolta da uno scandalo gravissimo per responsabilità del suo management di allora. Calciopoli. Forse il primo colpo di piccone alla competitività, già allora indebolita, del pallone d’Italia, dopo l’era dei trionfi alla fine del XX secolo. La Juventus non solo finì in Serie B, ma pagò anche, fra proventi europei sfumati, fuga degli sponsor e riduzione dei diritti tv, un conto immediato di oltre 100 milioni (in un’epoca in cui i più grandi club europei fatturavano 300 milioni l’anno, non i quasi 600 attuali) e la necessità di dover ricominciare da zero. Intendiamoci, il colpo alla credibilità del sistema lo subì non solo la Juventus, ma, per colpa della Juventus, tutto il calcio italiano. Però il club bianconero si mise subito al lavoro per cambiare quello che c’era da cambiare, uomini e metodi. Con bravura e intelligenza. Anche a rischio di impopolarità. Decisero, i dirigenti della ripartenza juventina, di impiegare i mezzi messi subito a disposizione dalla holding degli Agnelli più per fare il nuovo stadio che per il mercato.

Su quelle fondamenta – il nuovo stadio appunto, ma pure il nuovo centro sportivo, il settore giovanile e una politica commerciale all’avanguardia – la Juventus ha progressivamente costruito una società che oggi a buon diritto si può ritenere a ridosso delle grandissime (c’è ancora una differenza importante con i vari Real Madrid, Barcellona, Bayern e Manchester United nel complesso dei ricavi) e che comunque si può permettere spese come quella necessaria a prendere Higuain.
Il problema è che tutto ciò non rafforza, ma indebolisce il calcio italiano nel suo complesso. I tifosi delle squadre rivali non possono accettare che i loro club rinforzino gli unici concorrenti già quasi inarrivabili. Il prodotto campionato così perde fascino e valore. La passione sfuma in una girandola di giocatori sempre meno interessati ai destini della maglia che solo temporaneamente indossano. D’altra parte, oggi la Juventus ha entrate che corrispondono al doppio di quelle di Napoli, Roma, delle stesse milanesi in crisi. Regolamenti abbastanza stravaganti le consentono, giusto per fare un esempio, di ottenere dalla Champions, anche quando non andasse molto avanti, proventi addirittura più elevati che nel caso delle (rarissime peraltro) vittorie passate, perché la partecipazione negli ultimi anni di solo due italiane, anziché le quattro cui eravamo abituati, consente di dividere in due, invece che in quattro, la quota dei diritti tv.

Insomma, anche per meriti propri e demeriti altrui, più il calcio italiano si indebolisce, più la Juventus si rafforza e più la Juventus si rafforza, più il calcio italiano si indebolisce. Ma, attenzione. Un nuovo record di scudetti, pressoché sicuro, a questo punto, e una possibile Champions sarebbero accolti con giustificato entusiasmo dal grande popolo juventino, ma non valgono, forse nemmeno per il futuro della Juventus, il progressivo disinteresse che si registra per il campionato di Serie A. Un disinteresse che vicende come quelle di Higuain, e di Pjanic, alimentano ulteriormente. Lega e Federcalcio ci dovrebbero pensare. Se esistessero.
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