Dal ritorno dei Faraoni al Subbuteo, così l’Archeologico è diventato il Mann

Dal ritorno dei Faraoni al Subbuteo, così l’Archeologico è diventato il Mann
di Gaty Sepe
Venerdì 30 Settembre 2016, 00:02
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Al Museo Archeologico ci sono i lavori in corso per la riapertura, il prossimo 7 ottobre, della sezione egizia. Operai si muovono tra mummie, scarabei, e le gigantografie di Hermes, dei Canopi Egizi, di torsi e volti umani presenti nel Museo che il direttore vuole montati davanti alle finestre, rivolti verso la città, per richiamare ed accogliere il pubblico. Il primo ottobre si chiude il primo anno di gestione per Paolo Giulierini, etruscologo toscano, uno dei manager individuati dalla riforma Franceschini per rilanciare i musei. In un anno l’Archeologico, o meglio il Museo nazionale, come lo si chiamava, è diventato il Mann, ha oltre 12mila «mipiacisti» sulla sua nuova pagina Facebook, due giardini aperti il giovedì sera con una media di 6-700 persone ad ascoltare reading e concerti. Ha ospitato perfino un torneo di Subbuteo nel quale il direttore e il sottosegretario alla Cultura Cesaro hanno disputato una Napoli-Fiorentina. Questo solo per raccontare «macroscopicamente» la modernizzazione in atto ma certo il direttore Giulierini, molto attivo sui social come ci si aspetta oggi da un nuovo manager, ha fatto molto altro e ancora tanto dovrà fare fino a fine mandato. 
Per Giulierini «il bilancio comunque è complessivamente positivo: abbiamo avuto le mostre “Mito e Natura» e “Il Nilo a Pompei” e continuato con “Ercole” il lavoro sui reperti nei depositi. Abbiamo creato la sala dei culti orientali, riaperto i giardini e stiamo per riaprire la Sezione Egizia che ha la seconda collezione d’Europa, e quella epigrafica, che ha le più belle iscrizioni di Pompei, portate via nel Settecento, o le tavole di Eraclea. Punto a 500mila visitatori a fine mandato, ne abbiamo il 20% più del 2015, percentuale che potrà crescere ancora grazie al richiamo dell’Egitto. Anche le serate del giovedì si sono trasformate da appuntamento per 20 ad evento da 6-700 persone». E come è avvenuta la moltiplicazione dei visitatori? Il Mann, così come altri musei non è ancora visibile in città. «Non è solo merito nostro - dice il direttore - la città è invasa dai turisti, gli alberghi sono pieni e ne beneficiano anche i musei. Ma abbiamo anche investito, visto che la nuova autonomia ce lo consente con facilità, sulla programmazione per i giovedì e sulla comunicazione. Abbiamo un sito, un logo, delle app e il progetto Obvia, in collaborazione con la Federico II, per una promozione “virale” del museo che coinvolge artisti come Erri De Luca, che parla dell’Archeologico nel suo nuovo libro. Ci sono cartoon all’aeroporto e presto ci saranno anche le copie delle statue, e siamo presenti sui Frecciarossa con le immagini e con un biglietto omaggio per chi viene al museo in due. Il primo novembre presenteremo il video ufficiale del Mann girato da Stefano Incerti e tra gennaio e marzo inaugureremo il primo Festival delle arti in un museo: inviteremo scrittori, artisti, musicisti, registi a tenere performance nel museo che diventeranno, poi, ambasciatori del Mann».
L’idea di Giulierini, al momento del suo insediamento, era che il miglior ambasciatore del Mann potesse essere il Mann stesso, mandando in giro per il mondo i suoi reperti e stringendo accordi con i più grandi musei internazionali. «A giorni un nostro cratere partirà per l’America dove verrà restaurato a spese del Getty Museum per l’allestimento della mostra su Villa dei Misteri a Malibu. La mostra “Pompeii. The Exhibition” sarà a Kansas City, Portland e Tampa, dal prossimo novembre fino a maggio del 2018. Ancora, dal 7 al 10 novembre, insieme alla Soprintendenza di Pompei saremo in Russia per concludere l’accordo con l’Ermitage che già ospita molti nostri reperti: a loro daremo un nucleo di materiali di Pompei, compresi gli affreschi, e una mostra sull’oreficeria romana che ci consentirà poi di valorizzare i nostri ori in deposito, ma in cambio avremo dei capolavori per una mostra su Canova e gli oggetti d’oro dei nomadi della steppa».
Il Mann è il maggior prestatore al mondo, ma quanto rende la politica dei prestiti che ancora continua a suscitare polemiche da parte di chi crede nell’inamovibilità del patrimonio e di chi teme il depauperamento dei nostri musei? «Soltanto nel 2016 il Mann ha partecipato a 30 mostre all’estero portando in giro 1500 pezzi che provengono al 90% dai depositi e non vengono quindi sottratti alle esposizioni, incassando 1 milione di euro. Ma il ritorno - spiega il direttore - non è solo economico. Un protocollo con l’Ermitage, il più grande museo del mondo, vale più di una partecipazione a una Borsa del turismo, significa disseminare in Russia non solo l’immagine del Mann, ma anche quella della città e di tutta la Campania. D’accordo con la Regione assoceremo alle mostre anche manifestazioni enogastronomiche. I nostri depositi, dunque, generano profitto senza depauperare l’esposizione permanente». 
Bilancio approvato nel luglio scorso, il Mann è il primo tra i nuovi musei resi autonomi ad autofinanziarsi senza alcun contributo del Mibact grazie ai prestiti dei depositi e ai due milioni di euro degli ingressi e può inoltre contare anche su 6 milioni di fondi Pon e 16 milioni del Cipe per la riapertura del nuovo braccio, la statuaria, il multimediale, un percorso per non vedenti, il recupero degli spazi sotterranei per il bookshop dal quale si potrà poi accedere direttamente alla stazione della metro, e altri interventi di sviluppo come previsto dal piano strategico che, unico museo finora, ha pubblicato in italiano e in inglese. Dunque il museo, che già oggi può contare su 1000 metri quadri in più, cresce ma paradossalmente si riducono le cose da vedere con sezioni e sale spesso chiuse - la Numismatica, che non è molto richiesta, ma anche la Preistorica e perfino il plastico di Pompei - a causa della mancanza del personale. 
«È vero - ammette Giulierini - e di questo non sono soddisfatto, ma non avevo alternative. I dipendenti del museo sono 172, venti tra l’altro devono ancora arrivare, i custodi solo 98. Con il nuovo decreto ministeriale che svincola il numero dei custodi dai metri quadri affidati lasciandoci l’autonomia di distribuirli nelle sale secondo le nostre esigenze, e soprattutto con un maggiore impiego della tecnologia non accadrà più. Proprio il plastico di Pompei sarà il fulcro di una nuova area multimediale. Sull’accoglienza, sul decoro, sul restyling c’è ancora molto da lavorare, non sono riuscito nemmeno a realizzare le nuove divise del personale. In compenso a dicembre, in occasione della mostra su Carlo di Borbone che ci porterà a Madrid e a Città del Messico sulle tracce dei viaggi dei reperti, aprirà finalmente la caffetteria». Momenti difficili in questo anno, direttore? «Ogni volta che c’è da fare lavoro di squadra con altre istituzioni perché a Napoli ognuno è abituato a lavorare per i fatti suoi». 
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