Napoli, caserma e arsenale due ruderi
«Manderanno i profughi? Vedremo...»

Napoli, caserma e arsenale due ruderi «Manderanno i profughi? Vedremo...»
di Francesco Romanetti
Mercoledì 24 Agosto 2016, 00:00
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Sterpi, erbacce, odore di fichi selvatici. Una colonia di gatti affamati. Di notte si vedono i gufi, che vanno a caccia di topi. E poi c’è pure l’amianto. L’ex caserma Cesare Battisti, in via Caduti di Nassiriya, al confine tra Fuorigrotta e Bagnoli, è un rudere assediato da una vegetazione insolente e sfacciata, che si prende la rivincita su cemento e asfalto. Qui, in questo lembo di estrema periferia occidentale, dovrebbero trovare ospitalità - secondo quanto previsto dal piano del Ministero dell’Interno - migranti in arrivo: minori non accompagnati e richiedenti asilo. Povera gente. Famiglie fuggite da guerre e stermini. Uomini, donne e bambini, che dovranno essere collocati in luoghi d’accoglienza provvisori. L’altra struttura militare abbandonata, individuata dal governo centrale nella provincia di Napoli, è sempre a Bagnoli: l’ex Arsenale di via Campegna. Anche qui, fabbricati malmessi, cortili invasi da erbe e gramigne. «Non so ancora bene come stiano le cose - spiega Diego Civitelli, neo-presidente della Municipalità di Bagnoli - Anche io ho appreso la notizia dai giornali. Si tratta di una decisione del Ministero, prevedo comunque un incontro con il sindaco per capire in che modo e con quali tempi dovremo attrezzarci. Vedremo».
Via Caduti di Nassiriya è un ampio vialone di periferia. In fondo si vede la collina di Posillipo. Sul lato più a ovest, lungo via Circumvallazione della Caserma di Cavalleria, corre il muro di cinta dell’ex Italsider. Silenzio. Qualche cornacchia. Erbacce sui marciapiedi. L’area dove si trova l’ex caserma Cesare Battisti è circondata da un muro basso, sormontato da filo spinato. Un cartello davanti al cancello principale informa categorico: «Demanio militare. Pericolo di crollo. Vietato l’accesso». E qui chi potrebbe andarci a vivere? Nessuno. Per ora assolutamente nessuno.

Uno degli edifici che facevano parte dell’ex caserma è stato ristrutturato e ospita la stazione dei carabinieri. Il resto è fatto da qualche edificio in rovina - a rischio crollo, appunto...- e da una vegetazione selvaggia e invadente. Cespugli di more. Sterpaglia. In passato gli abitanti della zona avevano protestato e firmato petizioni. «Ci sono tubi di Eternit, c’è rischio amianto», dicono. «In fondo, se qui ci vengono gli immigrati - dice Vittorio Capasso - magari questa potrebbe diventare addirittura un’occasione di rilancio. Quest’area ha bisogno di una seria bonifica. Certo, poi le cose vanno governate: l’importante è che l’ex caserma non si trasformi un bivacco: per quello ci sono già gatti e topi. Però, se questo spazio diventasse abitabile e pulito, perché no?». Gabriele Masullo, 20 anni, studente di Economia, è più sospettoso. Anche lui abita qui: «Credo che questa zona non sia adatta per ospitare migranti - dice - Di problemi già ce ne sono parecchi. C’è criminalità, disagio sociale. Non vorrei che si aggiungesse disagio a disagio...».

L’ex Arsenale dell’Esercito è invece in via Campegna. Fino ad una ventina di anni fa, raccontano gli abitanti, c’era la fabbrica e c’erano gli alloggi per i militari. C’era pure la chiesetta. Ora è un’area dismessa. Abbandonata. Deserta. Cadente. Una cancellata in ferro battuto fronteggia le basse palazzine dove un tempo si producevano munizioni ed esplosivi. Un cartello dice ancora: «Divieto di eseguire fotografie e rilievi. Art. 256-262 C.P.R. - Decreto 11 luglio 1941». davanti all’ingresso principale si avverte: «Pericolo caduta calcinacci». Anche qui: chi potrebbe venirci a vivere? Al momento, nessuno. Di fronte, dall’altro lato di via Campegna, c’è la vecchia palazzina dello spaccio. Ora è un deposito per le auto e le moto sequestrate dal Comune. Al numero 135 di via Campegna c’è il Parco Cafaro, che confina proprio con l’ex Arsenale. Una sessantina di famiglie. Cinzia Paglini, capelli lunghi e voce melodiosa, abita qui da quando aveva 5 anni. Fa la cantante. Dice: «Non ho niente contro gli immigrati. Però se qui dovesse venire ospitato qualche centinaio di persone, penso che bisognerebbe organizzare le cose per bene, per evitare problemi: a noi e a loro». Luigi e la moglie Nunzia stanno a cavalcioni di una grossa moto. Pollice verso: «No, per carità - dicono - Siamo contrari. Niente immigrati. Ci sarebbero solo altri problemi. Vogliamo stare tranquilli. Magari si dovrebbe prima provvedere a risistemare la zona, fare marciapiedi...». Maria D’Addio vive al Parco Cafaro dal 1970. Lei non ha preclusioni: «Se l’accoglienza funzionasse bene e avvenisse in modo controllato, non vedo perché dovremmo opporci. Siamo tutti esseri umani: ho appena visto al telegiornale un servizio su quel poveraccio che ha percorso 400 chilometri attaccato sotto un Tir. Dobbiamo aiutarci, io la penso così». Anche la signora Margherita Romano, 80 anni, fisico asciutto e parlantina vivace, è possibilista: «Non possiamo volere il male degli altri, di chi sta peggio di noi - dice - Non si può togliere l’acqua a chi non ce l’ha. Io leggo i giornali, guardo la televisione, capisco il dramma di certe persone. Dico solo: che sia garantita la nostra tranquillità e sicurezza. Per il resto, pane a chi non ne ha, accoglienza a chi fugge dalle guerre».

Tutto da vedere. Tutto da organizzare, indubbiamente. L’assessora al Welfare e alle Poltiche Sociali del Comune di Napoli, Roberta Gaeta, spiega: «Partecipando ai tavoli di discussione in sede Anci e in Prefettura, ero naturalmente a conoscenza di un piano di emergenza. Ma non ne conoscevo i dettagli. Ora si tratterà di interloquire con Prefettura e Regione Campania, per organizzare un’accoglienza che sia efficace e che nello stesso tempo tuteli il territorio. Gli abitanti delle aree dove verranno sistemati i richiedenti asilo, hanno diritto ad essere garantite. Come Comune siamo pronti a fare la nostra parte, come già facciamo aderendo al progetto Sprar, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Naturalmente toccherà al Ministero attrezzare le strutture esistenti per renderle dignitose e vivibili. È un’emergenza: il Comune di Napoli, per quanto di sua competenza, non si tirerà indietro».
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