Quella che segue è una cronaca. Meglio, un geologo la definirebbe forse un carotaggio, che nella tecnica mineraria consiste nel prelevare un campione di roccia dal sottosuolo – le cosiddette carote – per poterne studiare le caratteristiche fisiche o chimiche. Quello che segue è un collaudo, da normale cittadino quale sono, di un’inaugurazione che ha suscitato grande attenzione nei napoletani: l’ascensore comunale per il monte Echia, gestito da Anm.
La giornata di metà settimana nella quale ho effettuato la visita aveva un indiscutibile vantaggio: rispetto ai giorni del weekend l’afflusso di visitatori era davvero basso. Dunque, primo punto a favore, il tempo di attesa per montare in cabina è stato pressoché nullo. A naso in su, il colpo d’occhio regalato dalla scala elicoidale e dai binari di scorrimento dell’impianto elevatore è piuttosto notevole. Addirittura potrebbe ricordare il mitico scalone della torre campanaria di Vertigo, il film di Hitchcock del ’58, benché – forse in maniera meno romantica ma storicamente più accurata – riprenda la forma del cratere del monte Echia quando era ancora un vulcano attivo.
Il tempo di salita e discesa è decisamente contenuto. Non sono rimasto con gli occhi fissi sul display dello smartphone a controllare, ma direi sotto il minuto senz’altro. Qui nasce forse una prima criticità: non esiste uno straccio di indicazione per gli utenti. Qualcuno ha rinunciato alla salita perché, claustrofobico, temeva che il tempo necessario per la scalata fosse troppo, e in assenza di indicazioni chiare ha rinunciato. Peccato, perché basterebbe un banale cartello.
Così come, sempre in tema di comunicazione con l’utenza, sarebbe stato meglio una maggior chiarezza sui costi del biglietto. Un euro e trenta cent è il prezzo – solo per il primo mese, attenzione, perché poi la tariffa quasi quintuplica toccando quota cinque euro, esclusi i residenti e gli abbonati Anm – per la sola salita. Quando, alla fine della visita, mia moglie e io abbiamo immaginato di dover imboccare il tornello girevole sulla sinistra, un paio di gentili addetti dell’azienda comunale dei trasporti ci ha spiegato che bisognava timbrare un secondo ticket per l’uscita. Cosa che abbiamo agevolmente fatto utilizzando l’app sullo smartphone. Tuttavia, in assenza di questa – visto che la biglietteria si trova solo all’ingresso, ben al di là dei tornelli – comprare altri due tagliandi per poter uscire sarebbe stato pressoché impossibile.
In cima il colpo d’occhio è davvero meraviglioso.
È bastato fare qualche centinaio di passi lungo l’anello della terrazza panoramica per notare cartacce, lattine, bottiglie di birra, pacchetti di patatine vuoti, cartine e filtri per sigarette fai-da-te. Non il miglior biglietto da visita per una riapertura sulla quale il Comune ha tanto investito. Se a questo si aggiunge l’assenza di banali cestini per la carta straccia o contenitori per la raccolta differenziata, ecco che il cane si morde perfettamente la coda, e all’inciviltà di qualcuno si salda l’incredibile distrazione di qualcun altro che s’è scordato di offrire un modo per liberarsi correttamente dei rifiuti. Resta, infine, la questione del costo del biglietto, in precedenza accennata. Già quasi un euro e mezzo per tratta rischia di essere abbastanza impegnativo per il portafoglio. Cinque euro ha il sapore di una pietra tombale, soprattutto per cittadine e cittadini che volessero farne uso anche solo una volta a settimana. Non corriamo, così, il rischio di regalare la bellissima vista dal monte Echia soltanto e ancora una volta a un certo modello di turismo mordi e fuggi, dimenticandoci che Napoli è prima di tutto dei napoletani? Non sarebbe il caso di pensare a tariffe differenziate per residenza?