«Pentitevi», l’urlo del parroco nella notte

«Pentitevi», l’urlo del parroco nella notte
di Claudia Procentese
Lunedì 25 Luglio 2016, 01:16
4 Minuti di Lettura
La luce accesa illumina via don Pino Puglisi, la stradina di fronte le Vele, in un orario insolito. È passata la mezzanotte e la chiesa di Maria Santissima del Buon Rimedio, a Scampia, è ancora aperta. Ogni venerdì, dall’una alle tre, da quattro mesi ormai. Si può sostare, pregare, confessarsi se si vuole, lontano da occhi indiscreti. Fuori, attaccato ai cancelli, lo striscione con la frase pronunciata dal cardinale Sepe lo scorso maggio durante la veglia mariana in cattedrale: «Oggi ai giovani camorristi diciamo con franchezza: deponete le armi».
Dentro, il giovane parroco, don Alessandro Gargiulo, si aggira in silenzio tra i banchi, in quella che da dieci anni è la sua parrocchia, anonimo immobile del ’78 che verrà sostituito dalla più accogliente chiesa a forma di nave in costruzione negli adiacenti cantieri.
È lui che ha voluto e chiamato questo momento di riflessione l’ora di Nicodemo, come il personaggio del Vangelo di Giovanni, un capo dei Giudei che, affascinato da quell’ebreo non amato dai potenti, va da Gesù di notte, per prudenza, per non compromettersi con il suo gruppo di appartenenza, e gli chiede come si fa a nascere di nuovo. È così che a Scampia il Giubileo della misericordia apre le porte a chi ha scelto il “sistema”, la camorra, l’illegalità come stile di vita. «Nicodemo va a cercare Gesù al calare del buio per non farsi vedere dagli altri - spiega don Alessandro -. Tenere aperta la chiesa di notte, con il Santissimo Sacramento esposto, significa invitare discretamente ad entrare coloro che vogliono riavvicinarsi al Signore, magari dopo tanti anni ed errori. Quando il Papa ha indetto questo Giubileo, nella bolla di indizione si è rivolto anche a quanti fanno parte di gruppi criminali. Mi sono, così, chiesto come fare arrivare a tutti il messaggio, soprattutto ai più lontani. È una chiamata alla conversione per ognuno di noi, ma soprattutto un’opportunità per chi si sente rassegnato sulla strada delle cattive scelte, dalle quali spesso è difficile o pericoloso tornare indietro».

Il manifesto dell’ora di Nicodemo è stato affisso in ogni palazzo di Scampia, è un invito alla riflessione perchè si possa tramutare in qualcosa di più fruttuoso. «Di notte si libera il cuore: si pensi alla notte dell’Innominato», commenta don Alessandro. Sullo sfondo un quartiere oggi cambiato rispetto al noto cliché. Diminuite le piazze di spaccio, dopo arresti e l’operazione «Alto impatto». Ma restano i problemi, tanti. E le sigle che molto spesso sono sinonimo di problematiche, piccoli e grandi sacche di illegalità, di malaffare, ma anche di sofferenza di chi, nel riscatto, ci crede.

TA, P, SC3 i lotti senza nome dove avviene ancora lo smercio di droga, insieme a residui di traffico nel rione don Guanella e nelle Vele. Il business spostatosi nei limitrofi Comuni di Caivano e Melito, lasciando il posto (per i pusher “disoccupati”) al giro di rapine, i capi della Vanella Grassi e degli scissionisti in galera, nessuna fazione vincente sulle altre, fase di stand by: questa l’analisi degli inquirenti sulla periferia nord, dove la domanda di Nicodemo, «Come può un uomo rinascere quando è vecchio?» diventa di un’intera comunità.
Quella di don Alessandro supera i 15mila abitanti, dai Sette Palazzi alle Vele. Conosce nomi, volte, storie. «Nel 2006 quando sono arrivato la situazione era critica, ora il fenomeno è meno sfacciato - racconta il sacerdote impegnato con l’oratorio estivo che coinvolge centinaia di giovani -, ma esiste la questione delle nuove leve a cui si riferisce il cardinale, legata anche ad un’incapacità educativa dei genitori. L’ora di Nicodemo nasce dall’esigenza di un risveglio collettivo, perché povertà e fragilità rischiano di diventare una sorta di alibi per le coscienze: poiché lo Stato fa poco, allora ognuno è autorizzato a fare ciò che vuole».

E lasciare aperte le porte del tempio sacro di notte, quando maggiori sono i pericoli, le possibilità di agire, colpire, fuggire - ma anche di cambiare - significa stare vicino alla propria gente. «Ci sono papà che ritornano dal lavoro, entrano in chiesa e mi danno una mano a sistemare - sottolinea don Alessandro -. Siamo un avamposto di speranza dove si semina l’idea di una comunità che cresce intorno a valori sani e condivisi. Chi combatte da solo, alla fine si trova a lottare soltanto con le emergenze ed ha invece bisogno di incrociare un volto amico, una speranza, qualcuno disposto innanzitutto ad ascoltare. Non abbiamo bisogno di leader o eroi, ma di non delegare le responsabilità, di ricostruzione interiore». L’ora di Nicodemo, notte che presagisce la luce, durerà fino a novembre, fine del Giubileo. Nicodemo un peccatore? «No - sorride don Alessandro -, era uno che cercava Dio, che desiderava rinascere a vita nuova». Come a Scampia, dove cambiare si può. Dove sognare un futuro diverso è possibile. Per uscire fuori dal sistema, magari dire addio a clan, paranze e malaffare. E ricominciare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA