Polverini: tempo scaduto, è stata lei
a tirare fuori che attendeva un bimbo

di Alessandra Chello
Mercoledì 16 Marzo 2016, 00:04
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Nel 2010 riuscì in una missione che a molti sembrava fantascienza: battere la Bonino con il 51% nella corsa per il timone della Regione Lazio. Adesso l’ex governatrice Renata Polverini, ex leader Ugl, deputata azzurra, confessa di essere molto preoccupata per il futuro della coalizione. 

S’immaginava un groviglio del genere con tanti colpi di scena?

«Proprio no. Una storia nata male che rischia di finire pure peggio. Giorgia ha proprio sbagliato. Non ha saputo sostenere fino alla fine la candidatura di Bertolaso. E poi ha perso troppo tempo per decidere di scendere in campo. Adesso è tardi. Prima no. Poi sì, insomma, non è un metodo giusto questo».

Cambiare idea però è lecito...

«Sì, ma non a queste condizioni. E a questo punto della campagna elettorale. Se lei a Roma e Salvini a Milano avessero voluto correre per la fascia tricolore, sono certa che nessuno di noi del Centrodestra gli avrebbe mai messo i bastoni tra le ruote. Invece Salvini a un certo punto ha detto che non intendeva più fare il sindaco, ma avrebbe preferito fare l’assessore alla sicurezza. Mentre la Meloni è stata sempre dubbiosa. Fino a quando non ha comunicato al Paese di aspettare un bambino. E che quindi, visto il suo stato, non avrebbe potuto concorrere alla nomination da primo cittadino. Dopo qualche giorno poi è spuntato fuori un comunicato nel quale Berlusconi, Meloni e Salvini chiedevano a Bertolaso di candidarsi. Una sorta di benedizione corale. Durata pochissimo. Dopodiché è stato il caos. Assurdo se si pensa che in giro per i mercati con Bertolaso a dire alla gente che quello era l’uomo giusto per Roma c’è andata Giorgia, non certo un’altra».

Non crede però che i commenti di Bertolaso e Berlusconi sul fatto che la Meloni dovrebbe occuparsi di fare la madre e basta siano un po’ sessisti?

«Sinceramente non credo che un Salvini mal consigliato dai suoi riferimenti romani e qualche innegabile scivolone verbale sulla gravidanza della Meloni possano giustificare un simile terremoto».

Dica la verità: da donna e da politica dello stesso credo della Meloni crede anche lei sia troppo faticoso fare il sindaco con il pancione?

«Credo che la cosa più importante a questo punto sia non strumentalizzare il suo stato ai fini elettorali. Personalmente non ho condiviso affatto la sua scelta di spifferare ai quattro venti la sua gravidanza al termine di un evento come quello del Family Day. Sono cose troppo personali».

Dunque, nessuno nel Centrodestra sospettava un dietrofront dell’ultim’ora?

«Affatto. Pensi che nel week end delle votazioni ero al gazebo di piazza Bologna quando vedo arrivare Rampelli - uno degli autorevoli di Fratelli d’Italia - in compagnia proprio di Bertolaso. Ha sottoscritto la scheda per Guido ed è andato via. Tutto tranquillo. Torno a casa la sera e apprendo della scelta di Giorgia. Una doccia gelata».

Lo strappo nei fatti ha decretato la fine dell’alleanza?

«E’ un momento difficile. E’ stato vanificato il grande sforzo che Berlusconi aveva fatto di trovare nelle città-chiave per questa tornata amministrativa, candidati rappresentativi di tutta la nostra area compatta. I nostri elettori non chiedevano altro se non di sapere che una coalizione di tre partiti poteva davvero essere una buona alternativa al governo Renzi. A Milano abbiamo trovato l’intesa piena su Parisi, ma adesso non possiamo presentarci agli elettori da un lato divisi, dall’altro uniti. Va decisa una linea. Subito».

E se spuntasse un piano B del tipo un ticket sulle nomination?

«Escludo del tutto che Berlusconi possa mai chiedere a una personalità come Bertolaso di fare un passo indietro per la Meloni. Adesso è una maionese impazzita. Peccato, perchè Giorgia è una donna intelligente. Ma avrebbe dovuto stoppare la discussione con Salvini quando quest’ultimo aveva detto di non voler scendere in campo a Milano. Ora ha avuto l’ok dal suo partito ma anche quello è spaccato».

Quale è adesso il rischio per la vostra coalizione?

«Così si rischia di regalare la città a un altro candidato.
I nomi in ballo sono quattro ma io ho detto a Guido “ho già fatto il miracolo con Berlusconi senza lista, chissà che non lo faccia anche per te senza alleati”».
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