«Ponti degli anni Cinquanta logori
test per impedire altri crolli»

Sabato 29 Ottobre 2016, 00:09
3 Minuti di Lettura
«Bisogna sempre aspettare l’evento, questo è l’aspetto drammatico, prima che enti locali ed enti gestori capiscano l’importanza della manutenzione su tutte le loro infrastrutture». Sono anni che Maurizio Crispino, uno dei massimi esperti di ingegneria infrastrutturale a livello mondiale, chiede maggiore responsabilizzazione in periferia e un maggiore controllo a livello centrale su tutto il territorio nazionale. Quarant’otto anni, napoletano di origine ma ormai da sedici anni a Milano (insegna costruzioni di strade, ferrovie e aeroporti al Politecnico) è stato chiamato da Ennio Cascetta all’interno della nuova struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture come esperto nel campo della prevenzione. «Lo ripeto ovunque vado - ammonisce - i ponti costruiti negli anni 50 stanno giungendo alla fine delle loro vita utile: ci avviciniamo a un periodo molto critico».
Che è idea si è fatto del crollo di ieri?
«Da quello che ho letto, il ponte in questione appartiene a un Sp49, quindi a una strada provinciale, ed è crollato sulla Statale 36, gestita dall’Anas. È un crollo strutturale: sembrerebbe che sia venuta meno quella parte di impalcato che si appoggia sulle due selle, sulle due sporgenze. Proprio su queste parti si nota una colorazione diversa, che fa pensare a un intervento recente. Senza contare che non è distante da lì una zona industriale: quel ponte, credo, serve anche per trasporti di materiale pesante».
Il ponte è crollato mentre passava un camion con un carico straordinario.
«Il camionista che transita su un’infrastruttura non può sapere in che condizione è la strada che percorre. Non è responsabile del crollo, a meno che non si dimostri che portava un carico superiore al limite previsto».
Chi doveva occuparsi della manutenzione?
«Per legge, in prima battuta, se ne occupa l’ente che gestisce o è proprietario della strada. In questo caso la Provincia di Lecco. Ma ciò non impedisce un confronto con l’Anas che “passa” sotto il ponte. In primo luogo si deve controllare in che stato è l’infrastruttura. Sono ispezioni periodiche alle quali, se vengono riscontrati problemi, devono seguire verifiche più approfondite. Per esempio, con le misure di deflessione, possiamo sapere di quanto si sposta un ponte».
Una volta fatti questi interventi, l’ente a chi lo comunica?
«A nessuno. Sul versante delle strade non c’è un ente di controllo simile a quello che l’Enac fa per il sistema aeroportuale. Siamo in un sistema di autoverifica che non ha mai funzionato».
Ci sono state altre Annone?
«Non dobbiamo aspettare altre tragedie per dire che abbiamo forti carenze nel monitoraggio e nella conoscenza del nostro patrimonio infrastrutturale»
Qual è il ruolo del ministero?
«Stiamo lavorando per scrivere le linee guida sulla manutenzione. Ma il titolo V ha spacchettato le competenze, senza dare agli enti le risorse, e i risultati non sono stati dei migliori. Fortunatamente l’Anas (che ha invertito la tendenza investendo oltre un miliardo) sta riprendendo in gestione molte strade che erano passate a Province e Regioni».
Quanto costa all’anno la manutenzione?
«Dai 10mila ai centomila euro. Anche di più per i ponti più grandi. Ma più si spende prima, più si risparmia in seguito».

© RIPRODUZIONE RISERVATA