Rembado: «Senza modifiche si rischia il flop»

di Elena Romanazzi
Venerdì 28 Ottobre 2016, 00:04
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Renzi non è soddisfatto della grande riforma della scuola. La macchina si è inceppata. Tra ricorsi, mobilità, chiamata diretta e tutto il resto alla fine le problematiche che hanno afflitto per anni il mondo scolastico non sono state superate. «L’avvio - spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) - è stato faticoso, molto faticoso, dipende da scelte politiche».

 Presidente in che senso. A quali scelte fa riferimento?

«Faccio un esempio. In un istituto si è creata una situazione particolare. Il dirigente ha pubblicato un bando per assumere 35 docenti. Bene fatte le chiamate dopo pochissimi giorni si è ritrovato senza 25 docenti di quelli che aveva scelto. Il motivo? Hanno ottenuto una assegnazione provvisoria. In questo senso la politica deve fare una scelta».

Tra le assegnazioni provvisorie e la chiamata diretta?

«È una questione di metodo: o l’una o l’altra». Tutto è partito dalla mobilità «Non solo. È tutta la macchina che si è messa in moto in ritardo. La chiamata diretta non può essere fatta in pochi giorni. Invece i dirigenti scolastici non hanno avuto la sufficiente tranquillità per procedere con questo nuovo criterio di assunzione inserito nella Buona scuola. Per questo i ritardi e le difficoltà. Ma c’è dell’altro. Se si sceglie la chiamata diretta non si può poi agevolare modificando il sistema con le assegnazioni provvisorie per un anno. Così è inevitabile il ricorso ai supplenti».

Quindi suggerisce delle modifiche al sistema?

«La politica deve decidere quali sono gli interessi prevalenti: se quelli degli studenti, delle famiglie, della didattica o viceversa quelle dei prof che vogliono insegnare sotto casa propria. Il governo deve prendere una decisione».

Presidente Rembado i due sistemi non possono coesistere?

«Si possono tutelare studenti e docenti solo nel momento in cui ci sia una perfetta corrispondenza fra il fabbisogno dei docenti e i posti vacanti. Ma non esiste questa corrispondenza. Ed è per questa ragione che occorre decidere. Altrimenti...».

Altrimenti la «Buona scuola» sarà solo un flop?

«Non vorrei definirla in questo modo. Ma fino a quando noi cercheremo di far coesistere due metodologie opposte, chiamata diretta e l’assegnazione provvisoria, il flop diventerà un errore di sistema strutturale. Perché anche l’anno prossimo, senza un intervento normativo, si presenteranno le stesse problematiche».

Il ministro Giannini punta il dito contro i giudici: «Le numerose sentenze dei giudici amministrativi stanno rendendo complicatissima la gestione ordinaria dell’anno scolastico». Lei cosa ne pensa?

«La materia è talmente ingarbugliata dal punto di vista delle regole che la si può interpretare in modi diversi creando infiniti contenziosi che coinvolgono le scuole, il ministero, gli uffici scolastici regionali».

Non è una riforma a prova di ricorso?

«Purtroppo no. Dovevano essere abrogate alcune norme, e non è stato fatto. Quindi se Renzi parla di difetto di comunicazione, io preferirei parlare di errore politico».

Non crede che i docenti ci mettano del loro per contrastare a tutti i costi la riforma «Buona scuola»

«Certo non tutto è stato accettato. Ci sono tre elementi che sono stati visti con sfavore: il bonus premiale, la chiamata diretta e il fenomeno dell’alternanza scuola-lavoro. Cambiamenti apprezzabili ma non tutti l’hanno vista in questo modo».

Facendo un passo indietro quali aspetti modificherebbe?

«Tornare indietro è impossibile. Si è partiti da un documento culturale e si è arrivati alla Buona scuola passando anche attraverso non pochi compromessi. Quando si cambia il sistema ci sono sempre dei contrasti».

Il mea culpa di Renzi è a suo modo di interpretare un avviso di sfratto al ministro Giannini?

«In questo momento, se pensiamo al referendum, vedo in bilico l’intero esecutivo. Sulla scuola non si possono attribuire tutte le scelte al ministro Giannini ma sempre al governo».

Ma gli errori andranno comunque corretti.

«Indispensabile farlo e non solo per ottenere consensi dai docenti.
Ma per migliorare l’intero sistema. Il rischio, come detto, è un flop strutturale che ci porteremo avanti negli anni. A partire dal prossimo tra stop and go nella mobilità».
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