Risparmio privato un sostegno alla crescita

di Enrico Del Colle
Lunedì 22 Aprile 2024, 23:24 - Ultimo agg. 23 Aprile, 06:00
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Per l’economia del nostro Paese il mese di aprile è un momento di rilevante importanza in quanto si “decidono” le linee programmatiche entro le quali saranno definiti durante l’anno i provvedimenti da realizzare con le risorse messe a disposizione. Nell’anno in corso, ma non è la prima volta, il documento di riferimento (Def) riporta soltanto le stime cosiddette di tendenza, visto che si attendono le nuove regole di programmazione economica dell’Unione Europea.

E anche perché, ad oggi, non conosciamo nel dettaglio le intenzioni della Bce circa la riduzione o meno dei tassi di interesse (anche se tutto lascia precedere un taglio ad inizio estate). Bene ha fatto il governo, quindi, a programmare, per il momento, solo i tendenziali.

Dunque, lo ripetiamo, dati tendenziali, tra i quali spicca quello del debito pubblico che dal prossimo anno riprenderà a crescere in rapporto al Pil, fino a sfiorare il 140% nel 2027 dal 137,8% previsto per quest’anno (in valore assoluto si andrà oltre i 3mila miliardi e la causa principale, come ha detto il ministro Giorgetti, risiede nei riflessi per cassa del superbonus). A fronte di ciò si stima una riduzione del deficit (dal 4,3% del Pil nel 2024 al 2,2% del 2027) e un andamento pressoché costante del Pil (in crescita nel prossimo triennio di circa l’1% annuo).

Torna, quindi, forse un po’ inaspettatamente, il problema dell’equilibrio dei conti pubblici e del debito da tenere sotto controllo nei prossimi anni e allora ci domandiamo: è il ricorso al debito pubblico (e privato) a rappresentare la principale fonte di crescita del Paese oppure ci sono delle valide alternative? In altre parole, come ci presentiamo quest’anno al “cruciale” appuntamento della prossima manovra economica? È essenziale porci questa domanda nella misura in cui – lo ha sottolineato ancora il ministro – tra gli obiettivi prioritari della prossima legge di bilancio c’è quello di confermare il taglio del cuneo contributivo pure l’anno venturo (servono non meno di 10 miliardi) e quello di reiterare l’Irpef a tre aliquote (occorrono più di 4 miliardi); quindi, occorrerà trovare le risorse a copertura. Naturalmente ci sono a disposizione le canoniche “terapie”, ovvero il sempre efficace recupero dell’evasione fiscale, la necessaria crescita della produttività (in particolare quella del lavoro) capace di spingere il Pil ed eventuali “tesoretti”.

L’attenzione, però, sembra concentrarsi, oggi, sul risparmio privato, per investimenti nell’economia reale quale canale alternativo in grado di spingere la crescita, in aggiunta ai “rassicuranti” titoli di Stato. Ne è la riprova il successo della 14esima edizione del Salone del Risparmio, appena conclusa, nella quale è emersa una crescente voglia di investire.

Tuttavia, un limitato ventaglio di opzioni, unitamente ad una scarsa “conoscenza” finanziaria e ad una ridotta inclinazione al rischio, impediscono una maggiore partecipazione all’investimento da parte degli italiani. Serve altresì un robusto potenziamento della normativa che prevede incentivi per la crescita dimensionale delle imprese (al fine di renderle più competitive in una sfida globale che si preannuncia ardua tra innovazione tecnologica sempre più avanzata e capacità di “calamitare” figure professionali all’avanguardia).

Per provare ad aiutare la crescita, quindi, appare vantaggioso convogliare parte del risparmio privato (a questo riguardo il governo sta predisponendo un fondo gestito da Cdp) sull’economia reale, ma qual è la condizione delle famiglie italiane in termini di risparmio anche in un confronto internazionale? La propensione al risparmio delle famiglie nell’Eurozona è stata pari a circa il 15% nel quarto trimestre del 2023 sul terzo (fonte Eurostat), in crescita rispetto ai trimestri precedenti; tale incremento è dovuto, in special modo, all’aumento del reddito disponibile lordo rivelatosi più veloce (più 1,2%) di quello dei consumi (più 0,4%), con particolare intensità in Germania, Olanda e Lussemburgo, con valori vicini al 20%. In Italia, nello stesso periodo, la propensione al risparmio si è attestata al 7%, in aumento di circa un punto percentuale rispetto al trimestre precedente, ma in calo nel confronto tra il 2023 e il 2022, considerati nel complesso (meno 1,5%). La principale ragione di una contrazione così accentuata sta nella rigidità a diminuire dei prezzi al consumo dei servizi (tra l’altro, nel mese di marzo sono cresciuti in un anno del 3% mentre i prezzi dei beni hanno subito una lieve riduzione, meno 0,2%, fonte Istat). Insomma, data la crescente spesa per i consumi, c’è sempre meno risparmio tra le nostre famiglie e questo è un aspetto da non sottovalutare nel momento di impiegarlo per sostenere la crescita.

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