Scuole e caserme antisismiche
il mistero degli edifici di «carta»

Scuole e caserme antisismiche il mistero degli edifici di «carta»
di Gigi Di Fiore-inviato
Venerdì 26 Agosto 2016, 00:38
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Amatrice «Scappa, curri, và a la scola» dice la scritta sulle mura del cortile della materna, elementare e media «Romolo Capranica». Doveva essere una scuola antisismica, è crollata come un pezzo di pane martedì notte. Una montagna di calcinacci e pietre fa velo a una carta geografica e a dei disegni rimasti appesi alla parete miracolosamente in piedi. Nel cortile frasi di Rodari e di Saint-Excupery ricordano che tipo di edificio si aveva di fronte fino a martedì scorso. Nella struttura gialla, hanno resistito gli infissi verdi e quelli in qualche lato delle mura. Quando arriva la scossa delle 14,36, piovono ancora pietre e calcinacci. Eppure, questa scuola intitolata a uno dei caduti di Amatrice nella Prima guerra mondiale, fu ristrutturata solo quattro anni fa. 
Costruita nel 1936 in piena era fascista, arricchita due anni dopo con un orologio sulla facciata, ampliata con una sopraelevata nel 1954, divenne tra il 1993 e il 2003 «Polo verticalizzato scolastico». Qui hanno studiato generazioni del paese e dintorni dalle elementari alle medie. Dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009, la grande paura. La necessità di rendere a prova di scosse aule e locali dove transitavano bambini. Fu avviata una «massiccia opera di ristrutturazione, con adeguamenti alla vulnerabilità sismica». In soldoni, fasciature ai pilastri, nuovi infissi, interventi ai tramezzi. Costo 511.296 euro, con lavori affidati all’impresa Consorzio Stabile Valori Scarl di Roma. Il cantiere rimase aperto tre mesi e gli operai intervennero sui 5600 metri cubi dell’edificio. A vedere la scena della montagna di detriti e la polvere che si alza, viene lo sconforto.

Ma la scuola non è sola, Amatrice non ha più un edificio pubblico agibile. La stazione dei carabinieri, di proprietà comunale, ha crepe e calcinacci a vista. Inagibile. Fuori, sono parcheggiate le auto dei carabinieri che, per il momento, fanno da ufficio. Sempre quattro anni fa, e sempre dopo la grande paura del terremoto all’Aquila, si intervenne per rendere antisismico l’importante edificio che dà su un bel pianale di alberi. Costo 228.977 euro, lavori affidati alla società cooperativa C.A.R.E.C.A. di Viterbo, che a sua volta li subappaltò all’impresa consorziata Fabi Gioventino e Rosanna s.n.c. della provincia di Rieti. Lavori rapidissimi, con l’obiettivo dichiarato nel capitolato d’appalto di «miglioramento sismico». Il cantiere venne aperto l’undici novembre del 2012 e fu chiuso il 5 dicembre successivo. In verità, l’edificio a due piani è rimasto in piedi, ma il pericolo di crolli è stato certificato dai vigili del fuoco. E spiega un carabiniere: «Non possiamo entrare, bisogna arrangiarsi».

I tutori della sicurezza e dell’ordine sono tutti rimasti senza casa. Anche la sede di Amatrice della Polizia stradale è chiusa. Di proprietà dell’orfanotrofio don Minozzi, che è confinante, non ha mai subito interventi di ristrutturazione negli ultimi anni. Spiega un agente, all’ingresso di quella che era la sua sede di lavoro fino a tre giorni prima: «La palazzina ha retto, ma non è certamente agibile. Dovremo trovarci un’altra sede, in altro luogo. Le crepe visibili e i calcinacci caduti motivano la dichiarazione di inagibilità dichiarata dai vigili del fuoco».
E così, per simpatia emulativa o per beffa del non intervento nella manutenzione, è anche per la sede del Corpo forestale. Una camionetta è parcheggiata con la parte posteriore nel cancello dell’atrio. Fa da ufficio sostitutivo, dentro non si può entrare. Qui l’apparenza inganna, i due piani della palazzina sembrano intatti, come se il terremoto non fosse mai arrivato. E invece, crepe, tegole sconvolte e rischio di crollo. E con questa palazzina fanno tre: ad Amatrice, Polstrada, carabinieri e Forestale senza più uffici e sedi operative.

Ma il più grande edificio pubblico, anche se di proprietà di un ente religioso, è l’enorme complesso, ad inizio paese, dell’Opera e orfanotrofio don Minozzi. Il fondatore, padre Giovanni Minozzi, è sepolto nella cripta interna alla basilica che ha anche una Porta santa. Fu creato nel 1924 per ospitare gli orfani della Prima guerra mondiale. Poi arrivarono anche i senza famiglia della guerra successiva, per un totale di 500 ragazzi. L’ente fu voluto da padre Minozzi nel 1919 e quello di Amatrice fu il primo dei 105 sparsi in tutt’Italia. C’è la basilica, la cripta, l’orfanotrofio, la palestra, la tipografia, la sede delle ultime otto suore rimaste. Cinque anni fa, per una spesa di un milione di euro, l’ultima ristrutturazione del padiglione principale anche per prevenire eventuali danni da scosse sismiche. Spesa a cura dell’ente religioso. Spesa che, però, ha dovuto fare i conti con il tremendo boato di martedì notte. Anche il padiglione ha avuto i suoi crolli, le crepe, così come l’inferriata d’ingresso al grosso cortile. Persino la lapide che ricorda gli ex alunni morti nella Prima guerra mondiale è stata danneggiata dalle pietre. Ma è andata peggio all’edificio a lato con la tipografia: è una collinetta di macerie. Dice padre Cesare Paiazza: «Abbiamo avuto danni assai rilevanti. Questa era una vera e propria città dell’orfano. Anche la basilica, con le due navate d’ingresso, costruita in epoca abbastanza recente, ha subito pesanti crolli».

L’Istituto don Minozzi ha avuto non solo danni al suo grosso complesso, ma c’è anche il timore che tre delle sette suore siano morte. Finora risultano scomparse la vicaria generale suor Cecilia Perri, suor Agata, 81 anni originaria di Potenza, e suor Anna, 75 anni originaria della provincia di Taranto. Non si trovano, ma gli scavi tra le macerie del complesso non sono ancora stati avviati. Tutta la struttura è in luogo aperto, che non crea pericoli al passaggio come corso Umberto, o via dei Bastioni. Tutti gli edifici religiosi di Amatrice sono danneggiati in maniera grave. Spiega il parroco don Savino D’Amelio: «Abbiamo ristrutturato poco tempo fa il portico interno della chiesa di San Francesco, che ha subito pesanti tracolli».

La chiesa di San Francesco del tredicesimo secolo con i suoi affreschi del ‘600, ma soprattutto quella di Sant’Agostino che risale al 1428. È qui che è crollata la parte superiore del portale d’ingresso. La navata non c’è più e davanti c’è ora un ammasso di grossi sassi. Anche la torre del campanile ha dei crolli. C’è chi ricorda una recente ristrutturazione al campanile, ma don Savino smentisce. Neanche una preghiera in chiesa è ormai più possibile fare ad Amatrice. Situazioni paradossali, che hanno spinto la Procura di Rieti, con il suo procuratore capo Giuseppe Saleva, ad avviare un’indagine per disastro colposo. Un fascicolo a carico di ignoti, per il momento, su cui - ha spiegato il procuratore Saleva - saranno impegnati tutti i 4 sostituti in servizio nell’ufficio giudiziario di Rieti. Proprio il procuratore capo ha già fatto un sopralluogo sia ad Amatrice sia ad Accumoli, mettendo sotto sequestro alcuni edifici pubblici. Scuola «Capranica» compresa. Indagini dai tempi non rapidi, su cui sarà necessario nominare una serie di consulenti tecnici che potranno avviare la loro attività solo dopo la messa in sicurezza dei luoghi e la fine degli scavi, con il recupero di tutti i corpi delle persone che risultano ancora ufficialmente «disperse».
Tra chi non si trova, con i numeri che risultano ancora un mistero, ci sono anche i clienti dello storico hotel Roma. È di proprietà della famiglia della moglie del gestore Ivo Carloni e fu realizzato nel 1897. Una struttura storica, che poteva ospitare 80 clienti. Al momento del crollo, che ha distrutto completamente l’albergo, erano registrate 32 persone. Quattro sono state trovate vive sotto le macerie, due morte. E dice il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi: «Ne mancano all’appello 26, su cui c’è grande ansia». Di fatto, anche l’hotel Roma, edificio privato ma aperto al pubblico, si è sbriciolato come gli altri. Probabilmente vittima dell’assenza di accorgimenti antisismici, se servono a qualcosa.

Ma ovunque ci si giri, c’è il deserto. Amatrice rischia di perdere la sua storia, la sua memoria, tramandate soprattutto dagli edifici pubblici. La sede del Comune, ad esempio. Non c’è più. È crollata e, per questo, tutti gli uffici operativi della Protezione civile sono stati sistemati nell’unico luogo possibile: il prefabbricato con un solo piano terra, che ospitava il liceo scientifico a lato della scuola crollata. Qui non ci sono rischi, né di cedimenti, né di agibilità. Quando ci si entra, sembra di essere in un quartier generale di una città assediata dal nemico. Gente che entra ed esce, volti stanchi, cartelli improvvisati, scrivanie con carte e computer, affanni.
Tutto sconvolto, tutto azzerato. Come in guerra, come sotto i bombardamenti, persino l’ospedale Grifoni è stato evacuato. Per fortuna, c’è l’ospedale di Rieti in alternativa. Ma è un altro sintomo della disfatta totale dell’edilizia pubblica. Non ci sono più immobili agibili. La Torre civica, visibile alla fine di corso Umberto che è un ammasso di macerie, è in piedi. Miracolo, che molti addebitano alla ristrutturazione del 1979. La torre è lì, ma a cadere è stata la campana. Contrasti di monumenti e simboli. Anche il museo civico «Cola Filotesio», dove si conserva il reliquiario della Madonna di Filetto, è chiuso e inagibile. E anche la statua in ghisa di Filotesio, cui è intitolato il museo, architetto, pittore e scultore di Amatrice del quindicesimo secolo, è crollata. Caduta dal suo piedistallo in marmo, dove era dal 1915, ha la testa mozzata. È adagiata a terra: il corpo da una parte, la testa dall’altra. Sembra quasi una simbologia voluta dalla natura, contro chi, secondo la tradizione, disegnò l’urbanistica del suo paese natale dopo un terremoto.

Sciagure così devastanti azzerano storia e tradizioni, se chi resta non riesce a conservarle e a ricostruirle. Se l’edilizia pubblica ha subito una debacle totale, anche quella privata non è stata da meno. Tutti gli edifici, anche quelli più recenti, hanno crepe o sono crollati. Nessuno ha pensato ad interventi di ristrutturazione utilizzando i finanziamenti per eseguire lavori antisismici. Eppure, Amatrice è in zona a rischio terremoti. Ne ha avuti tanti nella sua storia. Ma anche i fondi degli ultimi due anni, a disposizione della Regione Lazio per interventi antisismici nell’edilizia privata sono bloccati. Chissà perché.
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