Se la rivoluzione si ferma

di Francesco Durante
Sabato 25 Marzo 2017, 23:36
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Com’è possibile che famiglie di conclamati camorristi possano ottenere a Scampia, con l’approvazione degli organi di controllo, case cui, sulla carta, sembrerebbero non avere diritto? Com’è possibile che l’avvocatura del Comune di Napoli ribalti il parere della dirigente che, sfidando pesanti minacce (anche di morte) aveva negato l’assegnazione di quelle case proprio perché nel curriculum degli assegnatari c’erano reati di associazione camorristica? Com’è possibile che, per di più, destini quella coraggiosa funzionaria ad altre mansioni? Sono alcune delle domande che si pongono con sgomento tutte le persone che ancora credono nella possibilità che a Napoli la legalità diventi pratica quotidiana e rigorosa e non soltanto una petizione di principio buona soprattutto per comizi di propaganda.
Da quanto Il Mattino ha prodotto in questi giorni si capisce che intorno alla questione ci sono molte opacità. La prima – la più grossa – è proprio quella del modo in cui si deve interpretare la normativa regionale sulle assegnazioni. C’è una legge del 1997 che non vieta di dare gli alloggi a congiunti di camorristi, benché poi preveda la possibilità di una loro decadenza nei casi di morosità, di abbandono dell’alloggio, o di trasformazione di questo in locale dove si consumano reati, per esempio di spaccio. 

Una legge successiva, una vera e propria sanatoria, ha cercato di regolarizzare le occupazione abusive, prendendone atto per tutta una serie di casi ma escludendo dal beneficio quei soggetti sul cui capo pesassero reati gravi come quelli associativi. Ed è per l’appunto allo spirito di quella legge che dettava linee guida sulle regolarizzazioni che la dirigente del Servizio Politiche per la casa del Comune si è ispirata anche per la disciplina delle assegnazioni. Il Servizio, insomma, si è comportato secondo logica e buon senso. D’altra parte, per quale ragione si dovrebbe poter dare un alloggio a chi non ha i requisiti per potersi veder confermato nella sua occupazione di un altro alloggio?

Siamo, insomma, in zona «comma 22». Ve lo ricordate, il comma 22 reso celebre dal romanzo di Joseph Heller e ancor più dal film che nel 1970 ne trasse Mike Nichols? Diceva così: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo». 

Era, chiaramente, il paradiso degli azzeccagarbugli, la classica norma calibrata per generare automaticamente la propria negazione. Come? Attraverso il noto meccanismo dei ricorsi, che diventano un incubo e una mannaia dalla quale l’ente locale cerca di guardarsi. Fa però un certo effetto constatare che verso un’interpretazione passiva della norma si orienti l’avvocatura del Comune di Napoli, e che lo stesso sindaco de Magistris, noto fin qui per il suo slancio ribellista e per il più volte rivendicato diritto-dovere di non applicare le regole quando esse siano ritenute ingiuste, traccheggi sul tema e in buona sostanza se ne lavi le mani («Noi siamo una casa di vetro, gli uffici comunali hanno applicato la norma regionale»), come avrebbe potuto fare un qualsiasi politico democristiano d’antan. Il sindaco, in ultima analisi, mentre precisa che se ci sono stati errori provvederà a correggerli, sembra essersi lasciato sfuggire un’ottima occasione per mostrare nei fatti l’intenzione di cambiare le cose alla radice. Avrebbe potuto dire: ci sono i ricorsi? ebbene, li sfidiamo e andiamo fino in fondo, e vediamo che succede. Ma non l’ha fatto, e molti, anche nel suo campo, si chiedono chi o che cosa non gliel’abbia fatto fare.

Come ha scritto due giorni fa su questo giornale Isaia Sales, Scampia è un quartiere dove per troppo tempo c’è stato chi dettava una legge tutta sua, diversa da quella vigente nel resto della nazione, e per farlo era solito rivolgere agli altri offerte che non si potevano rifiutare. Tra gli strumenti del controllo sociale da parte della criminalità c’era appunto quello, formidabile, della casa. Come dice Sales, mai più dovrà accadere «che su di un quartiere finanziato dallo Stato e sotto la giurisdizione dello Stato, i criminali si impossessino delle case, decidano delle assegnazioni e trasformino i beni pubblici nella loro privata e criminale bottega». Altrimenti, abbattere le Vele e con esse il sistema oppressivo che la camorra aveva impiantato a Scampia sarà stato più che altro un bel gesto. Un gesto più estetico che simbolico e, in definitiva, un gesto inutile.

maildurante@gmail.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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