Io, minoranza perché non ho il tatuaggio

di Giuseppe Montesano
Lunedì 14 Agosto 2017, 00:00
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Quando è successo? La realtà delle cose mi invade mentre sto bevendo il mio caffè, rigorosamente caldo anche se fuori al bar ci saranno quaranta gradi: io sono ormai una minoranza. E minoranza non è nemmeno il termine adatto: io sono una minoranza della minoranza della minoranza, perché sono un non tatuato.

Forse ho cominciato a capire quando dal polsino di quello che sembrava da tutti i segnali un distinto avvocato o un manager è spuntato un serpente giallo che ingoiava un topo dalla faccia di donna che gridava «Sì fammi male sì»; o forse quando la signora appena uscita da una chiesa, e che mi era sembrata matronale e serissima, ha girato il collo e ho visto sulla spalla una rosa gonfia come un cavolfiore; o forse quando la famiglia elegantissima che si è seduta al tavolino a fianco ha ordinato, e tutti e cinque, il padre cinquantenne, la moglie quarantenne e i figli di età varie, hanno lasciato spuntare da petti e spalle e colli e polsi e gambe una marea di macchie in forma di tigri zannute, di volti angelici, di manette che legavano cuoricini e di qualsiasi altra cosa che si possa tatuare nello spazio di una pelle umana.

Quando è successo? Forse è un incubo? O sarà colpa del troppo caldo afoso e della troppa aria condizionata? Mi sfrego gli occhi, ma i tatuaggi non scompaiono: li vedo sui corpi di suore e maestre, di notai e giornalisti, di salumieri e manager, e non vanno via. Mi sa che devo accettare la cosa: e dichiararmi una riserva indiana, un essere in via di estinzione. Ci saranno posti dove mi accetteranno? Potrò ancora bere il mio caffè rigorosamente caldo anche nell’afa? O il futuro mi prepara locali in cui campeggerà il cartello con su scritto: «Non si accettano animali, gente che pensa e non tatuati»? Gesu, mi verrebbe da dire con la voce di Woody Allen doppiata da Lionello: Geeesù! C’è qualcosa di inquietante e di stonato, in questi corpi e in queste facce quotidiane su cui pesano come maschere primitive i tatuaggi: qualcosa che è difficile da capire.

I disegni dei tatuati diventano sempre più grandi, e da segnali seduttivi e provocazioni che erano poco fa, diventano coperte di un Linus aborigeno che però non va in giro nudo: ma con tacchi a spillo, short griffati e orologi a imitazione degli orologi a produzione limitata. Sono coperte o corazze, quei disegni? Spesso si estendono fino al limite del collo, e in certi casi fioriscono anche oltre quel limite, simili alla muffa che in un filmaccio di fantascienza di serie B ha lo scopo di impadronirsi del genere umano sottomettendolo all’extraterrestre malvagio.

Chissà! E mentre mi trattengo nel bar, stremato dalle ipotesi e dalla scoperta di essere una minoranza della minoranza della minoranza, penso per un momento di convertirmi. Cerco di dirmi che i tatuaggi sono pitture portatili, e che i colori sono belli: ma se poi penso al dover carezzare una pelle coperta da una muffa verdastra o giallina, e non teneramente e semplicemente pelle, mi coglie una strana sensazione: brrr! Cerco di dirmi che i tattoo esprimono il bisogno di qualcosa di selvaggio in mezzo alla piattezza della vita irreale che facciamo, ma niente da fare: i quadri li preferisco attaccati alle pareti.

Eh no, non ci riesco: la conversione al tattoo è rimandata. Resterò nella riserva indiana dei non tatuati forse tra pochissimo, guardato con sospetto come se fossi un nemico e sempre innamorato della pelle senza pittura in cui posso vedere quel che i sogni mi dettano e non lo spettacolo sempre uguale di un tatuaggio. Ma mentre sto per andarmene, ecco che entra un sogno materializzato: alta, slanciata, magnetica, i capelli nerissimi e lo sguardo profondo, e si siede al tavolino a fianco.

Ha un tatuaggio sull’avambraccio, è vero, ma chi se ne frega! E poi, in fondo, è piccolo, anche in lettere greche, e mi incuriosisce. Mah: devo ripensarci, a questa cosa dei tatuaggi? In fondo un tatuaggio piccolo non darebbe fastidio, anzi sarebbe un elemento sorprendente, e poi non posso vivere sempre come una minoranza! E se mi facessi disegnare da qualche parte una cosetta originale? Eh, ma poi perché da qualche parte? I tatuaggi belli si mostrano! Che faccio? Gesù, questo caldo è davvero un diavolo tentatore. E se mi tatuassi un grazioso, minuscolo carpe diem? Non sarebbe male…

 
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