Teatro Festival, lo strappo di Dragone

di Titta Fiore
Venerdì 6 Maggio 2016, 00:47
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Una sedia vuota, anzi due. Alla presentazione romana del cartellone del Napoli Teatro Festival il direttore artistico Franco Dragone a sorpresa non si è presentato. E il presidente della Regione Vincenzo De Luca neppure. Dopo settimane di polemiche su Al Pacino sì, Al Pacino no, di annunci e di smentite, ci si aspettava la grande riconcilizione tra gli attori di una commedia degli equivoci scivolata pericolosamente sui territori accidentati della farsa, è arrivato invece l’ennesimo colpo di scena. Al tavolo dei conferenzieri sono rimasti solo il presidente della Fondazione Campania dei Festival, Luigi Grispello, e il consigliere per gli affari culturali del governatore, il filosofo Sebastiano Maffettone. Tra le mani una cartella stampa con il programma, nell’aria tanti punti di domanda. 
Ma una cosa è certa: l’assenza di Dragone dice del dissidio che lo oppone a Grispello molte più cose delle parole che il famoso regista italo-belga avrebbe potuto pronunciare ieri mattina, se si fosse presentato nella sede dell’Agis, com’era previsto. Racconta di un contrasto aspro sul metodo, sulla visione complessiva del progetto, tra chi si è assunto l’onore e l’onere di costruire «un sistema» dalle proposte artistiche raccolte in giro per il mondo e chi ha avuto la delega di gestire gli strumenti attuativi e le risorse. I due ruoli non sono sovrapponibili, e questo rischia di essere il punto.

In tale prospettiva anche lo scontro sull’oneroso invito rivolto ad Al Pacino diventa poco più di un pretesto. In seno al Teatro Festival si fronteggiano in realtà due modi d’intendere la cultura d’impresa e l’impresa della cultura. Dragone lo ha messo nero su bianco già due volte: la prima, sulle pagine di questo giornale, lamentando pubblicamente «l’anomalia di una Fondazione in cui un Presidente potrebbe bloccare tutto»; la seconda in una lettera inviata l’altra sera al governatore De Luca chiedendogli di intervenire per sanare il conflitto e i gravi problemi di gestione all’interno del Festival. Aver appreso non da Grispello, ma dall’imprenditore Floro Flores l’ennesimo fallimento della trattativa con Al Pacino sarebbe stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Non faccio un passo indietro, ma di lato», ha scritto il regista, chiedendo di fatto una sorta di tutoraggio istituzionale che De Luca, invece, sarebbe ben lontano dal voler concedere, nel rispetto dell’autonomia della Fondazione. 

Come finirà, è ancora presto per dirlo. Ma è evidente che in questa vicenda non ci saranno né vincitori né vinti. Come troppe volte è accaduto, ancora una volta sarà la città a pagare il prezzo più alto di una guerriglia di potere combattuta nel suo nome, ma in realtà a suo danno. Napoli, che è stata capitale del teatro, non riesce a darsi nei tempi e nei modi adeguati un Festival del Teatro degno della sua antica fama e delle sue giuste prospettive di futuro. Questo è il dato. Il programma della rassegna - seppur ricco, vario, interessante - è stato annunciato a quaranta giorni dalla prima alzata di sipario. I contratti con le compagnie sono pronti, ma pare non ancora firmati. I ritardi rischiano di non essere più sanabili. Chi può, si dia da fare. 
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