Aids, la verità dell'untore Valentino T:
"Non chiamatemi mostro, l'amore si fa in due"

Aids, la verità dell'untore Valentino T: "Non chiamatemi mostro, l'amore si fa in due"
di Cristiana Mangani e Adelaide Pierucci
Giovedì 24 Dicembre 2015, 15:23 - Ultimo agg. 19:34
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ROMA Parla di impulso, a volte di superficialità. Cerca uno scudo nell'ignoranza e nella presunta “complicità” delle sue vittime. E come nella più becera delle tradizioni del maschio violento e aggressivo Valentino T., l'avvelenatore delle donne, sceglie la strada di una difesa borderline: tra la follia e l'inedia, tra l'incapacità e la cattiva sorte. Nuovo interrogatorio ieri nel carcere di Regina Coeli del trentunenne romano tristemente conosciuto come l'untore, per aver infettato con il virus dell'Hiv almeno 16 donne e forse anche un paio di maschi che con le signore avevano avuto a che fare dopo di lui.

LA DIFESA
Le sue parole farebbero saltare i nervi anche ai più pazienti. Visto che Valentino sembra non rendersi conto fino in fondo di quello che ha commesso. «Non fatemi passare per un mostro - chiede davanti al pubblico ministero Francesco Scavo, che lo ha riascoltato per contestargli le ultime accuse - In alcuni casi avrò agito d'impulso, forse con leggerezza. In altri però avevo avvertito le partner della mia sieropositività. Alcune ragazze le avevo messe in guardia. E comunque - azzarda - l'amore si fa sempre in due».
Deve odiare le donne, questo giovane dalla vita decisamente infelice: padre ignoto, orfano di madre dall'età di cinque anni. Un odio così subdolo e insinuante, il suo, da trasformarlo in una sorta di terrorista del sesso. Ossessionato dai rapporti intimi e dalle chat erotiche, al contrario di quanto ora sostiene, è arrivato a mentire, a negare. Così da trasformare una di quelle ragazze che lo frequentavano - quella che forse aveva perso di più la testa per lui - nella maggiore accusatrice. Si è come accanito nei suoi confronti tanto da inviarle su whatsapp un falso certificato medico. «Vale, dimmi la verità: sei sieropositivo?», le aveva scritto lei dopo che si erano lasciati. «Io? Vuoi scherzare!», le aveva risposto. Dopo quella volta, però, la giovane non c'è più cascata. Un'amica le aveva sussurrato: «Guarda che il tuo Valentino è sieropositivo». Aveva fatto l'analisi del sangue e aveva scoperto che era positiva al virus dell'immunodeficienza. Pur non avendo, per sua fortuna, sviluppato l'Aids in maniera conclamata.

NUOVI CONTAGI
Tutto questo mentre si scopre che la condotta criminale dell'indagato non si è mai fermata, anche dopo l'iscrizione nel fascicolo di inchiesta: ha continuato ad avere rapporti a rischio, senza protezione, nonostante la procura gli avesse notificato un avviso di garanzia. Sapeva di essere sotto indagine sin da maggio scorso, ma è andato avanti come se niente fosse nella sua campagna di contagio.
Eppure non è certo per l'avvenenza che le ragazze cadevano ai suoi piedi. Pare non sia bello, Valentino T., cresciuto con i nonni e contagiato da una donna più grande di lui quando non aveva ancora vent'anni. Eppure è riuscito ugualmente a colpire al cuore le donne, con mazzi di fiori e parole a effetto. «Sono stato contagiato da giovanissimo, ma non volevo vendicarmi - ha insistito nella difesa - Ora, però, ho capito i miei errori». Per la procura «era come preda di una foga bulimica di appagamento sessuale», e nonostante fosse consapevole della sieropositività sin dal 2005 ha continuato a intrecciare relazioni di ogni tipo non dicendo mai quale fosse la sua situazione.

IL RIESAME
Il Tribunale del riesame ha respinto la sua richiesta di scarcerazione. Resta a Regina Coeli con l'accusa di lesioni gravissime. Gli inquirenti stanno lavorando per valutare l'intenzionalità del suo comportamento. Ha contagiato per odio? Per rancore? Perché contagiato a sua volta? Di certo si sa che alcune delle donne alle quali ha fatto così male, sono sempre lì ad aspettarlo, con la smania di condividere la stessa disperazione. E che le sue foto con quel veliero tatuato sul braccio compaiono ancora in qualche chat erotica, dopo che il profilo Facebook è stato cancellato. «Non sono un mostro, non pensatemi così», continua a ripetere dalla cella. Vallo a spiegare a chi si ritrova oggi, per sesso o per amore, con la minaccia incombente di un male mortale.