Renzi fa il bilancio del 2015: «Italia cresce e tasse scendono». Le opposizioni: favole

Renzi e Padoan
Renzi e Padoan
Lunedì 28 Dicembre 2015, 08:37 - Ultimo agg. 16:42
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Riforme, Pil in crescita, taglio delle tasse, un Paese di nuovo attore nello scacchiere internazionale: Matteo Renzi, in una enews strutturata in quindici punti, rivendica il 2015 del suo governo, e lo fa ponendo l'accento su un'Italia con il motore riacceso e puntellata da leggi «attese da tempo» e delle quali, prima, ci si limitava solo a «parlare». Quindici punti che, idealmente, costituiscono lo scheletro della conferenza di fine anno che terrà martedì e che Renzi mette in evidenza guardando anche alla partita con la Ue. Una partita delicata, che ha nel caso banche e nel giudizio sulla manovra i suoi punti chiave, ma che vede l'Italia, è la convinzione di Renzi, non più sorvegliata speciale.

Da qui, il senso del bilancio 2015, tutto orientato sulle differenza tra l'Italia che si affaccia al 2016 e quella di «un anno fa». Il Pil, «allo 0,8%», dopo 3 anni consecutivi ha il «segno più» laddove il Jobs Act è tra i fattori che hanno determinato il calo della disoccupazione, spiega Renzi ricordando la conferma del taglio dell'Irap, l'eliminazione della tassa sulla prima casa e di quelle agricole nonché il bonus da 80 euro per le forze dell'ordine.

«L'economia torna su, le tasse vanno giù», riassume il premier, non tralasciando il varo definitivo dell'Italicum e quello prossimo delle riforme, veri e propri pilastri dei primi 18 mesi del renzismo. E il bilancio non si ferma qui, toccando la riforma della pubblica amministrazione e quella della «buona scuola», il «successo» dell'Expo (sul quale «i gufi preconizzavano il fallimento») e «l'inedito impegno» per il Sud.

Ma è nel punto dodici che il premier tocca forse il tasto più delicato. «Un anno fa chiedevamo flessibilità all'Ue. Adesso la flessibilità fa parte delle regole e vale fino all'1% del Pil per l'Italia, oltre 16 miliardi di euro», spiega Renzi quantificando di fatto le cifre sul tavolo con l'Ue. Una trattativa che si chiuderà con il giudizio della commissione Ue sulla legge di stabilità atteso in primavera e che ha nell'utilizzo dei margini di flessibilità (su riforme, investimenti e immigrazione) lo snodo chiave.

Il punto, presumibilmente, sarà per Renzi tra i dossier sul tavolo dei due incontri previsti, ma non ancora messi in calendario, in febbraio: quello con il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker e quello con la cancelliera Angela Merkel. Due incontri che avranno sullo sfondo la partita per un'applicazione omogenea ai 28 Paesi Ue del binomio rigore-crescita e quella sulla banche, in particolare sul fondo di solidarietà per i risparmiatori e sull'istituzione della 'bad bank'.

Nel frattempo, Renzi rivendica come l'Italia, rispetto al 2014, si presenti a Bruxelles «fuori dalle secche», con un ruolo «da protagonista» sulle crisi in Siria e Libia, dopo aver ottenuto che l'emergenza migranti venga considerata un tema europeo e non solo italiano.

Un cambiamento di verso che, avverte Renzi, va perfezionato e non preannuncia alcuna frenata. «Siamo ancora in pista per i diritti civili, per i decreti di attuazione della riforma Pa e della Scuola, per le misure di sostegno al credito», preannuncia il premier nella sua e-news sulla quale, tuttavia, feroce è la critica delle opposizioni. A cominciare da FI che, parla di «favole renziane», con Luigi Di Maio (M5S) che invece attacca: il primato nel 2015? «Mai tanti favori a partiti, evasori, delinquenti». 

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