Abuso d'ufficio, Cantone apre:
«Questo reato va rivisto»

Abuso d'ufficio, Cantone apre: «Questo reato va rivisto»
di Valentina Errante e Giusy Franzese
Venerdì 8 Settembre 2017, 09:09 - Ultimo agg. 17:31
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ROMA. Una riforma del reato di abuso d'ufficio è non solo possibile ma anche auspicabile, per evitare la cosiddetta paura della firma da parte dei funzionari pubblici. È davanti alla platea della Luiss, durante la presentazione del Master in Compliance e prevenzione della corruzione organizzato dall'Università romana in collaborazione con Anac, che arriva l'apertura del presidente Raffaele Cantone. «Si può intervenire sulla norma - spiega il presidente dell'Authority - per individuare una fattispecie di reato meglio calibrata. Non parlo di una depenalizzazione, ma di una restrizione delle condotte punibili, che individui in modo più puntuale quelle che perseguono interessi personali o determinano ingiusti vantaggi attraverso atti illegittimi nella pubblica amministrazione».

L'ultima modifica dell'articolo 323 del codice penale risale a venti anni fa e adesso Cantone ipotizza una correzione. «Si può e si dovrebbe intervenire», dice. Una ragionamento che parte da una considerazione: «C'è uno iato tra il numero di procedimenti aperti dalle procure per abuso d'ufficio e i fascicoli che effettivamente arrivano a una sentenza di condanna. La maggior parte delle inchieste - spiega il presidente dell'Anac - si conclude con archiviazioni, proscioglimenti o assoluzioni. È un'anomalia che può portare a una migliore definizione del reato». Una considerazione legata a doppio filo a un altro dato: l'immobilismo di molte amministrazioni, dovuto al timore di dirigenti e funzionari. Cantone commenta: «La cosiddetta paura della firma viene anche utilizzata come alibi per non agire, ma non va sottovalutata: molti amministratori sono effettivamente bloccati nel loro operato perché temono di finire sotto inchiesta. Si può intervenire - aggiunge il presidente dell'Anac - focalizzando meglio le condotte da perseguire individuando i casi di conflitto di interesse e ingiusto vantaggio». C'è anche un'altra modifica legislativa che Cantone auspica: «Sarebbe interessante - dice - una legislazione seria che riguardi le fondazioni e i partiti, i meccanismi di trasparenza dei finanziamenti della politica, una legge sui partiti che renda trasparente i criteri delle nomine».

Il danno al sistema economico che provoca la corruzione è alto: nel 2016, secondo il report della Guardia di Finanza, gli appalti irregolari sono costati 3,4 miliardi di euro, altri 5,4 miliardi sono da collegare alla responsabilità amministrativa per truffe e sprechi su fondi pubblici italiani. Ma in realtà il fenomeno è più ampio rispetto a quanto appare dalle statistiche ufficiali e dal numero esiguo di processi relativi che arrivano in Cassazione (appena l'1%). E incide nel profondo sul tessuto culturale e etico di una società. «Spesso il corrotto viene considerato un furbo, invece deve essere considerato un male terribile, gigantesco» dice il rettore della Luiss, l'ex ministro della Giustizia Paola Severino, condirettore del Master insieme con Cantone. «La corruzione - spiega - è uno dei reati più gravi perché sconvolge il sistema economico e culturale. L'esecrazione sociale è uno dei motori della prevenzione della corruzione, ogni cittadino deve diventare cultore della legalità». Consapevolezza e conoscenza, quindi: sono queste le vere armi contro la corruzione.

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