Il macigno dei silenzi di quella notte:
l’ex città tranquilla si scopre omertosa

Il macigno dei silenzi di quella notte: l’ex città tranquilla si scopre omertosa
di ​Gino Giaculli
Martedì 28 Marzo 2017, 08:59
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Inviato ad Alatri 

Sulla sinistra una piccola grotta con la Madonnina. Poco più avanti, a destra, il bel cartello di ingresso del paese reca i nomi dei gemellaggi con altre sei città del mondo. L’atmosfera da classico luogo della domenica. Cartelli ordinati che accompagnano il visitatore. Ed eccolo il centro storico di Alatri. Casette bianche e lucide in pietra, negozi, auto in sosta nelle strisce blu. Poi, a piazza Regina Margherita, l’elettroshock che ferma i battiti e le pulsazioni, che manda al diavolo la tranquillità, che sbatte in faccia una verità assassina. Venerdì notte, a terra, in piazza Regina Margherita c’è rimasto il 20enne Emanuele Morganti, l’operaio sprangato a morte davanti al Miro Music Club, pieno centro storico.

A due passi c’è il Municipio, ci sono chiese importanti. Di fronte, sì avete letto bene, di fronte c’è la sezione distaccata del Tribunale. Due bandiere anche un po’ sbiadite e grigie dell’Europa e dell’Italia penzolano dal balcone. Solo che non possono parlare. Che peccato. Perché se invece avessero potuto farlo sarebbero state delle testimoni eccezionali. Un’onda di tensione si è impossessata di Alatri. Della ex tranquilla Alatri. Tutti sono tesi. Lo si vede alle 17 in punto. Quando il procuratore capo di Frosinone Giuseppe De Falco esce dal pub dopo il sopralluogo. La sua bocca è ultra cucita. Si infila in una Punto chiara e va via. Il comandante della compagna dei carabinieri di Alatri, Antonio Contente, si limita ad annunciare una conferenza stampa per oggi e a confermare che le indagini procedono. A terra una corona di fiori e la scritta «Ciao Emanuele», poi dei fasci di fiori bianchi come l’innocenza di quel giovane di cui tutti, ma proprio tutti parlano bene: «Emanuele riposa in pace», è scritto sul biglietto. 

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