Berlusconi condannato a quattro anni
interdizione annullata con rinvio

Berlusconi condannato a quattro anni interdizione annullata con rinvio
Giovedì 1 Agosto 2013, 12:36 - Ultimo agg. 16 Marzo, 02:05
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ROMA - Confermata la condanna d'appello a 4 anni di reclusione e rinvio alla Corte d'Appello di Milano per rideterminare l'interdizione: lo ha deciso la Corte di Cassazione a conclusione del processo Mediaset.

Appena letta la sentenza un piccolo boato di esultanza si è levato dal gruppetto di sostenitori di Silvio Berlusconi che hanno appreso in diretta la sentenza della Corte di cassazione. Dietro le transenne di piazza del Gesù i manifestanti hanno gridato «Silvio-Silvio».

Confermata la condanna dei coimputati di Berlusconi. La Corte di cassazione ha rigettato i ricorsi di Daniele Lorenzano, Gabriella Galetto e Frank Agrama, coimputati di Berlusconi nel processo Mediaset. Nei loro confronti, dunque, la sentenza di condanna d'appello diventa definitiva. Frank Agrama, il produttore statunitense ritenuto "socio occulto" di Berlusconi, ha una condanna a 3 anni di reclusione (condonati), mentre gli ex manager Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto hanno riportato condanne a 3 anni e 8 mesi e ad un anno e due mesi. «E' una sentenza ingiusta e ingiustificabile in un paese di diritto» ha detto il legale di Frank Agrama, l'avvocato Pisano, subito dopo la lettura della sentenza.

La Corte di Cassazione, è detto nel dispositivo della sentenza, «annulla dunque la sentenza impugnata nei confronti di Silvio Berlusconi limitatamente alla statuizione relativa alla condanna alle pena accessoria per l'interdizione temporanea per anni 5 dai pubblici uffici per violazione dell'art. 12, comma 2, decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della corte d'appello di Milano perchè ridetermini la pena accessoria nei limiti temporali fissati dal citato articolo 12, ai sensi dell'art. 133 codice penale, valutazione non consentita alla Corte di legittimità. Rigetta nel resto il ricorso del Berlusconi nei cui confronti dichiara, ai sensi dell'articolo 624 comma 2 codice procedura penale, irrevocabili tutte le altre parti della sentenza impugnata».

Cosa succederà. E, a questo punto, davanti al Cavaliere, che ha annunciato a breve un video-messaggio, si aprono due strade, l'affidamento in prova ai servizi sociali o gli arresti domiciliari, che dipendono anche dalle scelte che lui prenderà per scontare quell'anno che rimane, visto che tre sono condonati per l'indulto. È praticamente certo, invece, che il leader del Pdl non sconterà mai la pena in carcere. I tempi di esecuzione della pena, in ogni caso, non saranno brevi: se Berlusconi, infatti, chiedesse l'affidamento in prova ai servizi sociali il complicato iter procedurale potrebbe concludersi anche l'anno prossimo, considerato che non si tratta di un condannato detenuto, che la pena non è elevata e che, infine, l'arretrato da smaltire da parte degli uffici è consistente. Prima di tutto, la procura di Milano, che si occuperà appunto dell'esecuzione della pena, dovrà attendere la trasmissione del dispositivo della sentenza da parte della Cassazione e per l'invio da Roma a Milano del cosiddetto «estratto esecutivo» potrebbero passare anche alcuni giorni. La procura emetterà poi un ordine di esecuzione con sospensione della pena, perchè la pena da scontare sta sotto i tre anni (è di un anno, perchè tre sono cancellati dall'indulto). Dal momento della notifica dell'ordine di esecuzione da parte della procura al Cavaliere e ai suoi legali, Berlusconi avrà poi trenta giorni di tempo (che partono dal 16 settembre, causa il periodo feriale del Tribunale, e arrivano fino al 15 ottobre) per chiedere, data la sospensione della pena, le misure alternative al carcere: l'affidamento in prova o gli arresti domiciliari. Istanza che dovrà essere poi valutata dal Tribunale di Sorveglianza in un'udienza. Con il rispetto dei requisiti di attività lavorativa certa e domicilio idoneo è scontato, però, che si arriverebbe all'affidamento in prova. Ci potrebbero volere mesi, però, prima che il giudice di Sorveglianza competente fissi l'udienza e arrivi a dichiarare l'affidamento in prova. Se Berlusconi, invece, come si era anche detto nei giorni scorsi, decidesse di non chiedere l'affidamento in prova (scelta 'controcorrente' per un condannato) lasciando passare i trenta giorni, si presenterebbe agli uffici giudiziari un caso simile a quello del direttore de 'Il Giornalè, Alessandro Sallusti. La linea che la Procura segue da mesi ormai, dal 'precedente Sallusti' appunto, è quella della cosiddetta 'doppia sospensione della pena' che non prevede il carcere, anche se quella è la volontà del condannato. Molto probabilmente, dunque, così come fece per Sallusti, la procura, guidata da Bruti Liberati, chiederà i domiciliari per il Cavaliere e poi a decidere, comunque, sarà sempre il Tribunale di Sorveglianza. Tuttavia, per concederli basta di solito il rispetto di tre requisiti: pena da scontare inferiore ai 18 mesi, domicilio idoneo e mancanza di pericolosità sociale. In sostanza, il percorso più logico in questo caso è quello che termina con l'affidamento in prova ai servizi sociali, ma se il Cavaliere scegliesse la strada più 'durà finirebbe al massimo ai domiciliari. Una misura quest'ultima che prevede certamente maggiori restrizioni con orari da rispettare, poche possibilità di uscire da casa e alcuni divieti anche per la comunicazione con l'esterno (tutti profili che dovrà valutare il Tribunale di Sorveglianza).

«Non dirò "a"». È quanto si è limitato a dire uno dei legali dello studio Coppi che ha assistito Silvio Berlusconi nel processo Mediaset in Cassazione subito dopo la lettura del dispositivo. Anche alle richieste di un suo commento tecnico sulla sentenza non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

L'avvocato Dinacci. «La pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, per Silvio Berlusconi, potrebbe ridursi fino a un anno di interdizione, perchè le norme alle quali ha fatto riferimento il dispositivo del verdetto prevedono un'interdizione da un anno a un massimo di tre. La misura dunque la rideterminerà la corte di Milano». Lo ha detto l'avvocato Filippo Dinacci, che nel processo Mediaset in Cassazione ha difeso Gabriella Galetto, e che difende l'ex premier in altri procedimenti.

Il procuratore di Milano. Nessun commento alla decisione della Cassazione sul processo Mediaset da parte del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati che si è limitato a spiegare che «la pena principale è definitiva ed è eseguibile».

Delusione ma soprattutto soddisfazione davanti al Palazzaccio a Roma, sede della Cassazione, dopo la sentenza emessa sul caso Mediaset. C'è chi esprime delusione per la conferma della condanna, mentre tanti altri sono «soddisfatti». In particolare, il coordinamento di cittadini guidato da Gianfranco Mascia, che ora chiede che «la giunta del Senato proceda per l'interdizione dai pubblici uffici». Davanti alla Corte di Cassazione sono assiepate circa un centinaio di persone tra curiosi e attivisti del Popolo Viola. Qualcuno espone cartelli dalla scritta 'Nessuno è più uguale degli altri' e fogli con l'immagine di Berlusconi e la scritta 'Giustizia è fatta'.

In via del Plebiscito lo stato maggiore del Pdl. Subito dopo la lettura della sentenza della Cassazione a Palazzo Grazioli è arrivato tutto lo stato maggiore del Pdl. Tra i primi a giungere a via del Plebiscito i due capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta, il coordinatore del partito Denis Verdini e il senatore pidiellino Altero Matteoli.

Palazzo Chigi: la linea non cambia. Palazzo Chigi, dopo la sentenza, non ha commentato. Fonti di governo si limitano a ricordare quanto detto dal premier Enrico Letta in questi ultimi giorni: le sentenze non si commentano e «le vicende giudiziarie vanno tenute separate da quelle politiche». Ma anche che «nessun terremoto è in vista e l'Italia è stabile». In sostanza, si spiega, «la linea non cambia».

L'attesa del Cavaliere. Berlusconi aveva atteso la sentenza blindato a palazzo Grazioli con i più stretti collaboratori, sua figlia Marina, Gianni Letta e l'avvocato Franco Coppi e il vicepremier Alfano. Fuori Palazzo Grazioli ressa di giornalisti e telecamere, gli unici ammessi davanti all'ingresso della residenza romana del Cavaliere. Le strade limitrofe, infatti, per motivi di sicurezza sono state chiuse. Chiusa anche via del Plebiscito. Traffico in tilt in tutto il centro storico a causa anche di una manifestazione che si è svolta nei pressi di Palazzo Grazioli. I bus - informa l'Agenzia per la Mobilità di Roma - sono stati a Teatro Marcello-lungotevere. Direzione Venezia deviati lungotevere-Arenula-Argentina. In forte ritardo l'intera rete del centro.

A presidiare gli ingressi intorno a Palazzo Grazioli sono state infatti le forze dell'ordine che hanno transennato via del Plebiscito bloccando l'accesso da piazza Venezia, piazza del Collegio Romano e piazza del Gesù. Molti i militanti e i curiosi. Dopo un breve attimo di euforia, i manifestanti vicino Palazzo Grazioli, che avevano esultato per la prima parte della sentenza della Corte di Cassazione sul processo Mediaset, hanno ripiegato le bandiere nel momento in cui i giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna per Silvio Berlusconi per frode fiscale. Il gruppetto ha smesso anche di gridare 'Silvio, Silvio' ed è rimasto in silenzio dietro le transenne di Piazza del Gesù.

La difesa: Berlusconi aveva chiesto l'assoluzione. Per il legale di Berlusconi, Franco Coppi, l'ex premier doveva essere assolto subito e il verdetto di appello è mosso da pregiudizio. L'altro legale Nicolò Ghedini ha detto: un processo da incubo (continua a leggere).

Il sostituto procuratore generale, Antonello Mura, nella sua requisitoria aveva invece indicato Berlusconi come «l'ideatore del meccanismo delle frodi fiscali» da 7,3 milioni di euro relativi ai diritti tv Mediaset degli anni 2002-2003, e dunque ne ha chiesto la conferma della condanna a quattro anni di carcere (di cui tre coperti dall’indulto). Mura ha però chiesto di ridurre l’interdizione dai pubblici uffici da cinque a tre anni (continua a leggere).