Bracciante morta di fatica nei campi ad Andria, sei arresti

Bracciante morta di fatica nei campi ad Andria, sei arresti
Giovedì 23 Febbraio 2017, 11:11 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 13:02
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Sei arresti ad Andria contro il caporalato. Nel corso della notte la Polizia di Stato, in collaborazione con la Guardia di Finanza, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di sei persone coinvolte, a vario titolo, in reati riconducibili al fenomeno del capolarato. I provvedimenti sono stati emessi al termine delle indagini avviate dalla Procura di Trani all'indomani della morte della bracciante agricola Paola Clemente, di San Giorgio Jonico, in provincia di Taranto, avvenuto nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015.

Gli arrestati sono il responsabile dell'agenzia interinale per la quale lavorava la donna, Pietro Bello, di 52 anni, e i suoi due collaboratori-dipendenti, Oronzo Catacchio, di 47, e Gianpietro Marinaro, di 29; assieme a loro sono finiti in carcere Ciro Grassi, di 43 anni, titolare dell'agenzia di trasporto, e Lucia Maria Marinaro, di 39 anni, moglie di Grassi e lavoratrice fittizia; ai domiciliari è finita, invece, Giovanna Marinaro, di 47, che avrebbe avuto il compiuto di reclutare le braccianti agricole. 

L'operazione presenta un duplice profilo di novità: un salto di qualità nelle modalità investigative, che ha permesso di superare l'omertà che normalmente copre il fenomeno; l'emersione di una nuova, più moderna e, per certi versi, sorprendente forma di caporalato. 

Paola Clemente lavorava nei campi ed era addetta alla cosiddetta acinellatura dell'uva. E ogni notte si alzava e percorreva 300 chilometri per raggiungere Andria alle 5 e lavorare fino al primo pomeriggio sotto un sole docente per circa due euro all'ora.

Nel provvedimento cautelare che oggi ha portato all'arresto di sei presunti caporali, facenti parte quasi tutti di un'agenzia interinale, c'è la straziante confessione di una bracciante che ha commosso gli inquirenti
tranesi e che fa emergere il tessuto economico di sfruttamento a cui sono sottoposti i braccianti, anche da parte delle agenzie interinali. Una volta sul pullman, nel momento in cui venivano distribuite le buste paga, «alcune donne - dice a verbale la testimone - si sono lamentate dei giorni mancanti, G. ha detto che noi lo sapevamo, quindi, non dovevamo lamentarci. Nessuna ha più parlato, anche perché si ha paura di perdere il lavoro, anche io adesso ho paura di perdere il lavoro e di essere chiamata infame. Ho un mutuo da pagare, mio marito lavora da poco, mentre prima stava in Cassa integrazione. Dovete capire che il lavoro qui non c'è e, perderlo, è una tragedia. Quindi, se molte di noi hanno paura di parlare è comprensibile».

L'indagine per omicidio colposo sulla morte di Paola Clemente è tuttora in corso a carico di sette persone. Da questa indagine ne è nato uno stralcio che oggi ha portato ai sei arresti, e che ha permesso agli inquirenti di ricostruire le modalità di reclutamento e di sfruttamento dei braccianti da parte della stessa agenzia interinale che aveva assunto la donna. Le accuse contestate ai sei arrestati sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il cosiddetto caporalato, e la truffa a danni dello Stato, reati per i quali sono previste pene fino a otto anni di reclusione.

«La tragedia di Paola Clemente è ancora viva in tutti noi, la legge contro il Caporalato proposta dal nostro governo con le parti sociali e con il sostegno quasi unanime del parlamento ha segnato un punto di svolta. La nostra battaglia per la legalità e la dignità del lavoro continua». Così il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina all'agenzia Ansa sulla vicenda degli arresti legati alla morte della bracciante Paola Clemente.

 

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