Il ministro Catalfo: «Cassa integrazione, altri dieci giorni ​e azzeriamo l'arretrato»

Il ministro Catalfo: «Cassa integrazione, altri dieci giorni e azzeriamo l'arretrato»
di Marco Esposito
Venerdì 5 Giugno 2020, 07:56 - Ultimo agg. 07:57
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Per una volta si può partire da una buona notizia, l'accordo alla Jabil. Quale è stato il momento decisivo?
«So quando è stato il più toccante - risponde Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro, subito dopo l'incontro a Marcianise - quando ho incontrato la lavoratrice che si era sentita male, Monica, e che mi ha portato i fiori. È stata dura quando sembrava fallita con lo stop dopo settantatré ore di trattativa. Ti portano fuori dal tempo. Ma non volevo arrendermi e ho insistito tramite l'ambasciata per entrare in contatto con i vertici negli Usa. Prima per mail, poi al telefono».

Come li ha convinti, su quale tasto ha fatto pressione?
«Non ho pressato, ho spiegato. Li ho convinti spiegando che in Italia siamo in grado di attivare uno strumento nuovo, con risorse importanti, per investire in formazione di qualità e ricollocare davvero i lavoratori. La Jabil sarà la prima azienda a sperimentare il Fondo nuove competenze con accordi formativi che potranno coinvolgere anche le università. Credo molto in questa strada, da percorrere insieme. E loro hanno firmato ritirando i licenziamenti».
A proposito di licenziamenti, il blocco attuale sarà prorogato?
«Intanto dura fino al 17 di agosto. Siamo in una fase di riaperture per cui va analizzato il mercato del lavoro, studiando nel dettaglio cosa avviene in modo da intervenire prima che ci siano crisi conclamate».
Beh, la crisi è già generale. Che lettura ha dato del rapporto Istat sui posti di lavoro persi ad aprile?
«Non voglio sottovalutare i numeri, ma in rapporto alla situazione che stiamo vivendo avrebbero potuto essere decisamente più drammatici. Negli Stati Uniti ci sono 40 milioni di disoccupati. Certo, da noi aumentano gli inattivi ma nell'insieme la rete di protezione in Italia ha tenuto grazie alle misure messe in campo dal governo».
Infatti non fa impressione il calo degli occupati: 274mila è un numero considerevole ma pur sempre un posto su 85. Allarma il crollo della settimana lavorativa media, scesa da 35 ore a 22. Il calo è più di 1 su 3.
«La riduzione va studiata nel dettaglio per capire dove intervenire. Per esempio c'è da affrontare il problema degli stagionali».
Inoltre hanno perso il lavoro più donne che uomini.
«Appunto. A conferma che ci sono posizioni fragili per le quali va messo a punto un percorso per favorire la continuità, utilizzando tutti gli strumenti e anche direi i finanziamenti europei. La riapertura dei centri estivi va in questa direzione, così come quella dei nidi».
A proposito di asili nido, si sta accelerando sul riparto di 254 milioni per costruire i nidi dove mancano ma, ancora una volta, lo si fa premiando chi i nidi li ha già. Non è un dossier del suo ministero ma della collega dell'Istruzione Lucia Azzolina. Però impatta su chi lavora.
«Mi riprometto di approfondire. È un tema che va affrontato nell'interesse del Mezzogiorno».
 

 

Torniamo ai dati sull'occupazione. L'orario è crollato, spiega l'Istat, per il ricorso alla cassa integrazione. Solo che gli assegni sono arrivati in ritardo o non sono arrivati affatto.
«Lo so bene. Abbiamo un sistema farraginoso, con una ventina di ammortizzatori sociali differenti. Già prima del Covid sapevamo che era necessaria una riforma e ci stavamo lavorando. Però quando è scoppiata la pandemia non si poteva farla perché avrebbe richiesto troppo tempo e abbiamo dovuto lavorare con gli strumenti esistenti».
Anche se non funzionano, come la cassa in deroga?
«Stiamo semplificando, infatti. Non dimentichiamo che siamo di fronte a un'ondata di piena che non ha alcun paragone con il passato. In due mesi è stata peggiore che nell'interno 2009, l'anno della crisi dei subprime. In questa situazione non do certo la colpa alle Regioni, ma è chiaro che il meccanismo della cassa integrazione in deroga richiedeva troppi passaggi e così abbiamo semplificato».
L'ex presidente dell'Inps Tito Boeri proprio in una intervista al Mattino ha affermato che nell'Inps ci sono le competenze per riformare gli ammortizzatori sociali, purché non si peschi tra i vertici.
«La riforma è allo studio e di sicuro coinvolgerà l'Inps. L'esperienza di questi mesi ci conferma che la strada è la riduzione degli strumenti».
Intanto però siamo a giugno...
«Sì ma non siamo a zero. Secondo i dati più aggiornati, al momento abbiamo pagato con i diversi strumenti di sostegno 6,9 milioni di lavoratori. C'è ancora un arretrato, di 600mila lavoratori, ma in dieci giorni come mi assicura l'Inps lo avremo azzerato».
Compresa la cassa integrazione in deroga?
«Certo. Ne abbiamo pagati 911mila e ne mancano 180mila. Lì il problema è nato dal moltiplicarsi dei passaggi, con l'azienda che prima presentava la richiesta e solo dopo che era stata approvata inviava un modello - si chiama SR41 - con il nome e l'Iban del lavoratore. Abbiamo accorciato la trafila, cassato il passaggio per la Regione, e sin dalla richiesta iniziale l'azienda comunica i dati Iban dei lavoratori, che ricevono subito un acconto dall'Inps pari al 40%».
 

Eppure non c'è un passaggio lineare. Persino sul Reddito di emergenza che dovrebbe essere il più semplice di tutti.
«È partito il 22 maggio e all'Inps sono già arrivate 250mila domande».
Appunto. È proprio necessario creare una procedura per raccogliere informazioni sui componenti familiari che lo Stato conosce già? Sono le persone più in difficoltà.
«Il Rem nasce su spinta del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che a marzo mi ha chiamato preoccupatissimo per l'aumento della povertà. Abbiamo fatto un primo intervento, assegnando 400 milioni ai Comuni per i pacchi alimentari. Serviva quindi un sostegno tampone per chi non rientra neppure nel Reddito di cittadinanza. E non riceve ovviamente altri tipi di sussidi».
E non era possibile identificare le famiglie in queste condizioni senza costringerle a fare domanda?
«Vogliamo andare in questa direzione. Insieme alla ministra per l'Innovazione Paola Pisano stiamo portando avanti un progetto per fare il modo che il cittadino abbia un unico contatto con tutta la pubblica amministrazione, mediante un'App che si chiama Io e che è attualmente negli store in versione open beta. Questo è il futuro».
 

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