Consip, Whatsapp inguaia Scafarto:
«È lui la fonte del Fatto quotidiano»

Consip, Whatsapp inguaia Scafarto: «È lui la fonte del Fatto quotidiano»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 21 Febbraio 2018, 10:52 - Ultimo agg. 13:04
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Torna in silenzio, torna ad avvalersi della facoltà di non rispondere, dinanzi ai pm di Roma che da un anno lo tengono sotto inchiesta. E lo fa dinanzi a una nuova accusa di falso, che nasce dall'analisi di un messaggio whatsapp recuperato dagli inquirenti dalle chat del suo cellulare. Eccolo Gian Paolo Scafarto, ex capitano del Noe poi promosso maggiore prima di essere sospeso dall'arma per un anno. È il grande artefice dell'inchiesta Consip (prima ancora della Cpl Concordia), almeno fino alla trasmissione degli atti dalla Procura di Napoli a quella di Roma. Ma in cosa consiste la nuova accusa di falso? Filone fuga di notizie. Di chi è la soffiata ai giornali? Se è vero che qualcuno avrebbe avvisato i vertici Consip del loro coinvolgimento nell'inchiesta condotta dai pm Carrano e Woodcock, è anche vero che è aperto un filone di indagine sulla divulgazione mediatica delle indagini a carico dell'imprenditore napoletano Alfredo Romeo e di alcuni manager Consip.
 
Accompagnato dai difensori Giovanni Annunziata e Attilio Soriano, Scafarto si è intrattenuto nell'ufficio del pm Mario Palazzi, giusto il tempo per comunicare la sua volontà di non sottoporsi all'interrogatorio. Secondo la Procura di Roma, Scafarto avrebbe informato il Fatto quotidiano delle evoluzioni delle indagini. Da cosa deriva questa ipotesi?

Le nuove contestazioni, in base a quanto si apprende, sarebbero legate proprio a quanto emerso dall'analisi del cellulare di Scafarto. Gli inquirenti avrebbero individuato un messaggio, datato 21 dicembre 2016, giorno successivo all'audizione di Luigi Marroni (ex ad Consip), in cui un maggiore del Noe di Roma chiede a Scafarto come mai non erano state pubblicate le notizie sull'inchiesta che gli aveva riferito sarebbero apparse sul Fatto. Conferme agli inquirenti sulla fuga di notizie messa in atto da Scafarto sono poi arrivate anche dal superiore gerarchico dell'ex maggiore il quale, sentito nei mesi scorsi, avrebbe affermato che parlando con il colonnello Alessandro Sessa, quest'ultimo gli aveva confidato che Scafarto aveva ammesso di avere informato un giornalista del Fatto su interrogatori e iscrizioni. E non è un caso che per questo episodio al colonnello Sessa, già indagato per depistaggio, è stata contestata anche l'omessa denuncia per non avere segnalato all'autorità inquirente quanto raccontatogli dal suo sottoposto.

Insomma, l'ennesimo colpo di scena interno alla filiera di ex inquirenti che hanno battuto per mesi la pista Consip. Come è noto, Scafarto deve rispondere anche di ipotesi di falso, in relazione alla definizione della informativa di polizia giudiziaria datata nove gennaio 2017. Un documento trasmesso a Roma in un regime di urgenza, nel corso del quale sono emerse irregolarità ed errori che hanno spinto gli inquirenti capitolini ad indagare per falso. Ricordate quelle sintesi delle intercettazioni? In un punto, viene attribuito a Romeo (e non a Italo Bocchino) la frase «Renzi, l'ultima volta che l'ho incontrato...», avvalorando in questo modo l'ipotesi (al momento ancora da verificare) di un incontro tra Romeo e Tiziano Renzi (mentre Bocchino si riferiva esplicitamente a Matteo Renzi). In un secondo punto, l'informativa di Scafarto ipotizzava il controspionaggio degli 007 di Palazzo Chigi per monitorare le indagini del Noe (che puntavano proprio sul padre dell'ex premier Renzi). Scenari che si aggiungono a un'inchiesta aperta contro l'ex ufficiale delle inchieste scottanti contro il giglio magico.
 

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