Oggi 17 delegazioni in transumanza verso il Colle. Entrano. Escono. Parlano. Raccontano. Giurano. S'impegnano. Ingoiati e ricacciati da quella porta scrigno nella Loggia d'onore del Quirinale, presidiata da due infiniti corazzieri. La liturgia laica è servita.
Un rito che non è previsto dalla Costituzione, ma che ormai è una prassi doc. E che serve al Capo dello Stato per sondare gli umori dei gruppi parlamentari prima di nominare il presidente del Consiglio.
Parla con tutti Mattarella. Facce nuove. O vecchie conoscenze. Iniziano Francesco Campanella e Maria Mussini del gruppo parlamentare Misto del Senato. Poi c'è Rocco Buttiglione (Udc) che sembra aver litigato con la cravatta. Pippo Civati (Alternativa Libera Possibile) visto in giro col contagocce e che qualcuno spera dopo la debalce del sì come per magia si trasformi nel figliuol prodigo. Il "quasi missing" Riccardo Nencini (Psi). E ancora i tandem dell'abito scuro gemello: Michelino Davico-Aniello Formisano esponenti della componente Movimento Partito Pensiero e azione (PPA-Moderati) del Gruppo parlamentare Misto della Camera. E Matteo Bragantini-Flavio Tosi (Fare!).
Poi, per la serie: non dimentichiamo nessuno, l'uscio del Capo di Stato è stato varcato anche dai rappresentanti dell'Unione sudamericana emigrati italiani. Pronti a sostenere «un governo ampio e composto da tutti» come promette la deputata Renata Bueno. Stesso impegno anche da Albert Laniece, alfiere della minoranza linguistica della Valle d'Aosta.
Pool rigorosamente in salsa bilingue: è il duo Daniel Alfreider (Svp) Hans Berger (Autonomie) che fa il resoconto del colloquio prima in italiano e poi in tedesco.
Poi, pausa pranzo. Si ricomincia in pomeriggio. Fino alle 19 quando la Lega - pare senza Salvini - chiuderà questo secondo round di consultazioni.
Sabato avanti tutta. Catergoria, big. Corsa contro il tempo per trovare la quadra e tirar fuori dal cilindro entro il 15 dicembre il coniglio salva-tutti.