Crac Deiulemar, cinque anni
alla «testa di legno» veneta

Crac Deiulemar, cinque anni alla «testa di legno» veneta
di Dario Sautto
Martedì 28 Febbraio 2017, 10:35 - Ultimo agg. 10:54
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Torre del Greco. Da ricettazione a concorso in bancarotta fraudolenta: condannato a 5 anni di reclusione il prestanome dei Della Gatta, che invece hanno patteggiato. Pesante condanna per Dante Di Francescantonio, imprenditore veneto accusato di aver fatto da «testa di legno» per i fratelli Angelo e Pasquale Della Gatta, intestandosi alcune società immobiliari e, di fatto, gestendo fondi occulti della Deiulemar di Torre del Greco. Un affare da centinaia di migliaia di euro, venuto fuori durante le indagini coordinate dal sostituto procuratore Sergio Raimondi del pool di magistrati del procuratore Sandro Pennasilico della Procura di Torre Annunziata per risalire ai capitali nascosti dai titolari della compagnia di navigazione, fallita nel maggio 2012 con un buco da 800 milioni di euro e nella quale avevano investito circa 13mila risparmiatori, quasi tutti dell'area vesuviana.

Vista la collaborazione avviata, i fratelli Della Gatta hanno ottenuto il patteggiamento a 2 anni e mezzo ciascuno, mentre Di Francescantonio ha affrontato il procedimento con rito ordinario. L'accusa con la quale era finito a processo era quella di ricettazione di circa mezzo milione di euro in contanti, fondi personali che i Della Gatta gli avevano consegnato in una valigetta. Emettendo la sentenza, però, il collegio di giudici della prima sezione penale del tribunale di Torre Annunziata presidente Maria Laura Ciollaro, a latere Maria Camodeca e Gabriella Ambrosino hanno riqualificato le accuse, riconoscendo Di Francescantonio colpevole di concorso in bancarotta fraudolenta. In pratica, nel novembre 2014, quando avrebbe incassato i contanti da reinvestire, era ben consapevole che si trattasse di fondi che i Della Gatta non avrebbero mai potuto movimentare, poiché falliti anche a livello personale insieme alla società di fatto. Un dettaglio che ha spinto i giudici a cambiare il capo d'imputazione direttamente in sentenza, condannando l'impresario a 5 anni di reclusione.

Il nome di Di Francescantonio era venuto fuori quasi per caso, durante le indagini della guardia di finanza, che erano alla ricerca dei fondi distratti alla curatela fallimentare della Deiulemar Compagnia di Navigazione. Tutto ruotava attorno all'affare Bayres, una serie di società immobiliari Bayres Sa 1, Bayres Sa 2, Bayres Sa 3, Bayres Sa 4, Bayres Sa 5 tutte con sede fittizia nel Salernitano, ma gestite di fatto da altre società estere (con sedi in Lussemburgo e Argentina), ma tutte riferibili proprio a Di Francescantonio, insospettabile imprenditore di Somma Campagna (Verona) al quale i Della Gatta erano arrivati grazie al ragioniere Amedeo Malet (anche lui ha collaborato e poi patteggiato 2 anni). Di Francescantonio resta agli arresti domiciliari, adesso anche con il braccialetto, dopo aver violato il regime detentivo. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l'immobiliare Bayres aveva reinvestito (quindi ricettato) oltre mezzo milione di euro in contanti la cifra non è quantificabile e non è stata mai ritrovata materialmente su nessun conto corrente nella ristrutturazione di un grosso immobile nella zona di Sala Abbagnano, a Salerno. Questo filone investigativo ha permesso di scoprire una parte del tesoro dei Della Gatta, anche se il sequestro avvenuto a luglio scorso ha riguardato quote societarie della Bayres, due auto (un'Audi A3 e una Smart) e uno scooter (T-Max). Il tutto, in attesa di conoscere il verdetto d'appello sulla condanna a 17 anni di reclusione incassata dai Della Gatta.