Dj Fabo cieco e tetraplegico, la ricerca ​scientifica per ora non offre speranze

Dj Fabo cieco e tetraplegico, la ricerca scientifica per ora non offre speranze
di Ettore Mautone
Lunedì 27 Febbraio 2017, 08:52
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Il Dj Fabo, tetraplegico e cieco, a 40 anni, a causa di un grave incidente, è giunto in Svizzera per aggrapparsi alla morte assistita vista come una liberazione. Ma potrebbe ancora cambiare idea. La sua vita è un tormento. Dopo anni di terapie senza esito e dopo averle provate tutte con tecniche di riabilitazione che non hanno avuto successo ha gettato la spugna.

Ma quali prospettive sperimentali, attualmente in fase di studio, potrebbero restituirgli la speranza e infondere la voglia di vivere nel suo corpo martoriato? Partiamo dalla sua lesione: la tetraplegia è una grave paralisi dovuta a una irreversibile lesione del midollo spinale nel tratto alto della colonna. La lesione che colpisce le vertebre C1 e C2 è il trauma più grave. In genere provoca la morte o la dipendenza da ventilatore meccanico. In questo caso invece la frattura del midollo è compatibile con la vita ma i danni dono massicci, investono anche la corteccia cerebrale occipitale deputata alla traduzione dei segnali visivi veicolati dai nervi ottici. Da cui la cecità che rende tutto ancora più pesante.
 


«Il nostro cervello ha risorse straordinarie – spiega Paolo De Blasio fisiatra ricercatore del Policlinico Federico II di Napoli con una lunga esperienza nel centro di eccellenze dell’unità per mielolesi di Ferrara - una plasticità tale che consentono di recuperare alcune funzioni. C Tuttavia condizioni cliniche così estreme devono indurre a essere cauti nell’ingenerare false speranze. Certo esistono tecniche sperimentali con l’utilizzo di cellule staminali che tuttavia nell’uomo hanno dato risultati deludenti ».

Tra questi interventi c’è quello effettuato nel 2014 a Londra, definito rivoluzionario ed ha permesso a un 40enne inglese Darek Fidyka, paralizzato dal 2010 dalla vita in giù dopo un accoltellamento, di tornare a camminare. Il trattamento, compiuto da chirurghi polacchi in collaborazione con scienziati britannici, si è basato proprio sul trapianto di cellule del suo sistema olfattivo inserite nel midollo spinale. A guidare il team riabilitativo Geoff Raisman, dell’Istituto di Neurologia dell’University College London che ha pubblicato il lavoro sulla rivista Cell Transplantation. Più di recente, a fine 2016, cellule staminali per riparare lesioni midollari sono state utilizzate in ricerche condotte su cavie che hanno permesso di riparare lesioni nel midollo spinale dei ratti, ripristinando per la prima volta il funzionamento di un particolare circuito nervoso analogo a quello che connette le aree cerebrali al midollo spinale. 
Ricerca condotta da un team coordinato dall’Università della California a San Diego, e pubblicata sulla rivista Nature Medicine. In questo caso si è riusciti a riparare in vivo un fascio nervoso che collega la corteccia cerebrale con il midollo spinale. Un risultato straordinario ottenuto utilizzando cellule staminali neurali. Il circuito nervoso rigenerato ha consentito il controllo dei movimenti volontari del topo ma per pensare all’utilizzo sull’uomo dovranno passare ancora alcuni anni.

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