Corona, l'accusatrice in Tribunale: «Mi ha deluso ma gli voglio ancora bene»

Corona, l'accusatrice in Tribunale: «Mi ha deluso ma gli voglio ancora bene»
Martedì 21 Marzo 2017, 21:53 - Ultimo agg. 22 Marzo, 14:27
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«Non rinnego il mio affetto per Fabrizio, sono delusa, ho rotto i rapporti con lui dopo la perquisizione in cui vennero trovati i contanti e perché non ero stata pagata per tutto il mio lavoro, ma io gli voglio ancora bene, persino oggi». Così Geraldine Darù, ritenuta la «grande accusatrice» di Fabrizio Corona (tornato in carcere ad ottobre) e sua ex collaboratrice, ha risposto a una domanda della difesa nel processo che vede l'ex agente fotografico imputato per quei circa 2,6 milioni di euro trovati in parte in un controsoffitto, in parte in Austria. Darù, come aveva già messo a verbale a fine settembre, ha raccontato davanti ai giudici di aver custodito per una notte in un albergo di Milano un «borsone» con dentro mazzette di contanti in «pacchi bianchi» che Francesca Persi, collaboratrice di Corona e imputata, portò poi in Austria. E ha riconosciuto quei pacchi nelle foto mostrate dal pm Dolci e relative a quelli poi sequestrati. Più volte, però, ha voluto sottolineare che « Fabrizio era un gran lavoratore, uno stacanovista».
 
 


Darù, che ha lavorato per Atena (la società riconducibile a Corona) da febbraio 2016 a settembre scorso, era presente in casa di Francesca Persi il 7 settembre quando gli investigatori trovarono circa 1,7 milioni di euro nascosti in un controsoffitto. E poi ha reso tre verbali a fine settembre nei quali ha raccontato, tra le altre cose, quando vide dentro il borsone che doveva custodire «20/30 buste bianche». Buste - una anche con la scritta 'Fabrì (come mostrato oggi in aula alla teste) - con dentro contanti che Persi avrebbe poi portato in Austria, in una banca di Innsbruck. Lo stesso ex 're dei paparazzì, anche nelle dichiarazioni spontanee nella scorsa udienza, ha detto di aver preso a un certo punto la decisione di far spostare i soldi dalle cassette di sicurezza in Italia a quelle in Austria «a seguito dell'aggressione che ho subito da Giuseppe Sculli e dell'articolo che uscì sul Fatto Quotidiano e che indicava Persi come la mia 'cassafortè». Darù, inoltre, aveva messo a verbale in fase di indagini di avere «timore di Corona (...) la cosa che mi preoccupa maggiormente (...) è il fatto che Corona ha più volte chiesto loro (a persone che lavorano per lui, ndr) se io sono ancora a Milano e dove dormo».

Oggi, rispondendo alle domande del pm e dei legali Ivano Chiesa e Luca Sirotti, ha precisato: «Fabrizio non mi ha mai minacciato, non è mai stato aggressivo, certamente non mi cercava per dirmi 'ciao come stai?' ma neanche per ammazzarmi, lei e Francesca mi cercavano di sicuro per indirizzarmi a dire o non dire certe cose».
Ha raccontato ancora che, dopo il blitz della polizia e i soldi trovati nel controsoffitto, «ho creduto nella buona fede di Corona e Persi e sono tornata a lavorare per Atena e poi dal 21 settembre in poi mi sono anche tenuta un Rolex di Fabrizio, perché mi dovevano dei soldi. Persi in quei giorni mi diceva 'portami l'orologio e io ti pagò, gliel'ho portato ma non ho visto comunque i soldi». Sempre Darù ha spiegato che Corona veniva pagato anche «in nero» per le sue serate nei locali (fatto non contestato dalla difesa) e che «nel lavoro Fabrizio non si fermava mai, faceva anche sei serate su 7 a settimana». La teste ha anche confermato che l'ex 'fotografo dei vip' venne aggredito a luglio dal calciatore Sculli e da un'altra persona: «Lo presero a pugni e calci».
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