Fake news, la lezione di stile della pummarola

di ​Aldo Balestra
Venerdì 1 Dicembre 2017, 10:09
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E se la politica andasse a lezione di passata di pomodoro? E se ciascuno di noi imparasse qualcosa dalla storia che riguarda questo prodotto finito nel frullatore delle fake news? 

È una legnata sui denti quella che la Mutti, storica azienda parmense che trasforma il pomodoro, anno di nascita 1899 e fatturato di 260 milioni di euro nel 2016, riceve il 16 novembre con l'improvvisa diffusione, in rete, di una notizia falsa. Una fake news: «Ritrovato arsenico nella passata Mutti, il prodotto ritirato dal mercato». Per rendere la notizia credibile, i creatori modificano un modulo (vero) diffuso dal Ministero della Salute, usato per altro prodotto di marca diversa e realmente tolto dal mercato.

Questione di minuti, ore, giorni: la notizia della passata Mutti all'arsenico circola a ritmo vertiginoso sui social, si moltiplica a colpi di clic - condivisioni, si chiamano - e il dubbio s'insinua tra massaie italiche, invade le rassegne stampa, valica con la velocità della fibra i confini nazionali, raggiunge consumatori e partner commerciali nel mondo.

Un disastro. Danno enorme, commerciale e d'immagine. Ovviamente si difende, la Mutti. Lo fa subito e con la forza dei due leoni stilizzati nel marchio, pubblica pagine a pagamento sui giornali, messaggi sul sito aziendale, sul seguitissimo profilo Facebook. «Rispondiamo alle false notizie con la trasparenza di sempre», dicunt. Scritta su campo rosso, rosso come il loro pomodoro.

Sarà. Sarà che i più attenti e scrupolosi credono all'azienda che spiega, dettaglia, rassicura. Ma quanti se ne accorgono? E le commesse in corso? E le vendite a rischio? Intanto la fake news con effetto moltiplicatore corre, corre ancora, arriva ovunque, più o meno affannosamente rincorsa dal messaggio chiarificatore dell'azienda di Parma.

Succede anche altro, però. Altro che non credi possibile, ma che è bene che accada. E che accada nell'Italia disinvolta di oggi. Entra in campo, a sorpresa, un'azienda che, sebbene in posizione di minore consistenza (fatturato di 13 milioni di euro nel 2016, 18 milioni nei primi sei mesi del 2017), fa concorrenza reale e leale alla Mutti. Si chiama Petti, è toscana di Livorno. E ieri diffonde una pubblicità a pagamento. Poche parole scolpite, significative, una pagina di colore rosso come la passata: «I nemici dei miei concorrenti sono miei nemici». Chiaro, no? E in tre box: «Quanto accaduto a uno dei principali concorrenti è molto grave». Ancora: «Ogni fake news è una ferita che grida vendetta per l'intero comparto, e non solo. Impone solidarietà». Infine, se Mutti prendeva a prestito in una pubblicità Pablo Neruda e la sua Ode al Pomodoro, la Petti sceglie Rossini e il Barbiere di Siviglia: «la calunnia è un venticello, dolcemente incomincia a sussurrar. Come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa l'aria rimbombar». Realista più del re il monito ultimo, targato Petti: «Fermiamo insieme quest'aria maligna che, se non controllata, trasforma le menzogne in nuove verità».

C'è chi dirà: «che bravi e solidali». O anche: «che pubblicità intelligente, quella della Petti, che difende un avversario per legittimarsi sempre più concorrente». Ma in realtà, pur senza illusioni soverchie, è stato pienamente avvertito quanto sia in gioco la stabilità di quel mercato planetario del pomodoro italiano che piace tanto e che con l'avvio di un effetto domino, partendo da una fake news, rischia di trasformarsi in giungla senza regole. Dove oggi sei colpito tu (Mutti) e domani probabilmente può toccare a me (Petti). Dove gli effetti possono essere improvvisi e non quantificabili, e vanificare idee, investimenti, occupazione. Se l'imprenditoria è anche competizione dura e spietata tra prodotti, fette di mercato e clientele, il rischio è che tutto si trasformi in un rapace egoismo in cui nessuna regola conta più. Dove tutti sono più esposti. Nudi. La consapevolezza realistica di Heine: «Il più rio verme, il dubbio, ed il più rio veleno, il disperar del proprio ingegno». Minato il principio della tutela dell'affidamento, alla base del libero mercato, sino a dover risalire e trovare appigli nelle fondamenta dell'etica del diritto.

Non è, in tempi come questi, solo una curiosa storia di passata di pomodoro. Eppure la politica, con le sue degenerazioni del presente, sembra non porsi ancora concretamente il problema della collusione con il mondo accattivante, redditizio perchè facile nell'approccio, virale, della Rete. Poca spesa, quasi nulla, massimo risultato. Politica e politici «collusi» quando con una fake news si delegittimano altri per conquistare spazi. All'opera i facilitatori di emozioni, coloro che provocando reazioni dell'utenza rispetto ad una notizia (falsa) generano giudizi negativi (veri). Si instillano veleno e veleni, si conquistano spazi esistenti e altrimenti insperati, si opera dentro il limite della verità apparente distruggendo ampiamente quello della realtà.

I facilitatori di emozioni diventano così moltiplicatori di indignazione, abili a parlare alla pancia della gente in un Paese già ampiamente destrutturato nella capacità di analisi, della libera scelta e, dunque, dell'opzione responsabile e utile. All'opera - le storie di questi giorni sono indicative, come racconta la vicenda del simpatizzante grillino di Afragola «acchiappa-clic» - non ci sono necessariamente professionisti alle dipendenze di questo politico o di quel partito. Basta e avanza - ecco - un simpatizzante, poco importa quanto cosciente politicamente e professionalmente preparato, competente solo nel «copia e incolla» destabilizzante e abile tecnologicamente nella massima diffusione - virale, suol dirsi - delle fake news. La sintesi della collusione della politica con il radicalismo è presto fatta, il danno provocato. Il frullatore di falsità e slealtà in funzione a pieno regime (la litigiosità politica è in crescita) e con potenza maggiorata (con la virulenza indiscriminata e infinita della Rete). Dentro, la passata di pomodoro, la politica, i politici e, purtroppo, un pezzo di ciascuno di noi, e di questo Paese.
 
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