«Di fronte a organizzazioni come mafia, 'ndrangheta, camorra, gruppi pugliesi, e le altre che si vanno affermando sul territorio nazionale il lavoro - ha aggiunto - non può che essere quello che immaginava Giovanni Falcone: spingere gli uffici a lavorare quasi in maniera congiunta». Senza sottovalutare la collaborazione internazionale: «Seguire le tracce che lasciano le organizzazioni e condividere la nostra conoscenza». Un passaggio rimarcato anche dal vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, per il quale «a 25 anni dalle stragi di Capaci e via d' Amelio, tocca a Cafiero de Raho attualizzare le funzioni del Procuratore Nazionale nel nome di Falcone e Borsellino».
Cafiero De Raho, già procuratore di Reggio Calabria, è il quinto capo della Dna, da quando è stata istituita nel 1992, e succede a Franco Roberti, sotto la cui direzione agli uffici di via Giulia è stato aggiunto anche il compito di coordinamento delle indagini antiterrorismo. Con Roberti, il nuovo procuratore nazionale condivide l'origine napoletana e la lotta alla camorra dei casalesi. «Contrastare le mafie e sradicarle - ha detto intervistato dalla Radio Vaticana - richiede una applicazione enorme, una capacità di impatto sui territori con grandi risorse».
Vanno recisi i collegamenti con la politica: «nell'ambito di organizzazioni più fortemente radicate come 'ndrangheta, Cosa nostra, il riferimento politico è un riferimento fondamentale. È ormai noto che i riferimenti politici rappresentano lo strumento fondamentale attraverso cui incidere più proficuamente sul territorio, per conseguire acquisizioni di appalti e legittimazione».
De Raho interviene anche su un dossier che inevitabilmente finirà alla sua attenzione: quello dell'immigrazione. Parlando dei salvataggi in mare da parte delle ong, ha sottolineato «alcuni casi» che «hanno manifestato una condizione di accordo che finisce per essere agevolativa dell'immigrazione». «Di volta in volta - aggiunge - è necessario un attento, serrato e ampio controllo, selezionare i flussi migratori, perché l'identificazione si accompagni a un percorso di inserimento e non di abbandono. Tutto per dare sicurezza al territorio indipendentemente che si tratti di migranti o cittadini».