Terremoto, il sindaco in felpa e megafono: «Se mi indagano me ne frego»

Terremoto, il sindaco in felpa e megafono: «Se mi indagano me ne frego»
di Mario Ajello
Martedì 30 Agosto 2016, 08:19 - Ultimo agg. 31 Agosto, 08:11
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dal nostro inviato
AMATRICE Uomo tosto e sanguigno. «Sono di destra, embé?!». Soprattutto è super pop Pirozzi Sergio, il sindaco di Amatrice il quale ha preso il megafono, ha idealmente indossato la bandana da Masaniello, si è fatto portare in trionfo dai suoi compaesani che lo adorano e si gode tutta la celebrità di cui non da ieri è assai ghiotto: «Ecco come si vincono le battaglie, con il cuore e con la ragione». «Sergio sei tutti noi», gli gridano i suoi che come lui i funerali li hanno voluti quassù e non a Rieti perché i sepolcri devono stare dove un tempo ci stava la vita di chi non c'è più. Anche se arrivare quassù è quasi impossibile (c'è solo una stradina a tratti sterrata e a tratti con un solo senso di marcia), quel che è rimasto può crollare da un momento all'altro e i funerali in pianura sarebbero stati più agevoli. «Li avremmo disertati in massa!», è il nuovo grido di battaglia di Sergio il Sanguigno. Che vanta un passato in An, amicizia con Alemanno che l'altro giorno è venuto a trovarlo nella tendopoli («Ma vado d'accordo pure con Zingaretti e con Renzi s'è stabilito un bel feeling, mi abbraccia sempre...») e simpatica spavalderia: «Se mi arriva oppure no l'avviso di garanzia per il sisma? Sarebbe un atto dovuto. Ma me ne frego. Ho fatto tutto in regola per la scuola, e infatti ci vanno i miei figli, e sul resto».

ARCIMATRICIANO
Arcitaliano? Arcimatriciano. «Amatrice non esiste più», è stato il suo primo grido di dolore, la prima richiesta d'aiuto sui media e non c'è telecamera che Pirozzi non provi a intercettare. Se non va lei da lui, va lui da lei: «Sono un comunicatore». Senza peli sulla lingua: «Voglio dire a tutti quelli che ci aiutano: più che latte e panini, ci servono soldi». L'altra sera Claudio Lotito gli ha donato una maglietta della Lazio, regalo azzeccato per il sindaco-allenatore (guida il Trastevere, la squadra in cui esordì Totti, oggi in serie D) che Renzi chiama «Mister» e che prima del sisma aveva portato alla ribalta il nome del suo paese con iniziative ad effetto. Prima la minaccia di fare una secessione dal Lazio se avessero chiuso l'ospedale (ora crollato in buona parte). Poi la polemica sulla pasta alla amatriciana con lo chef Carlo Cracco (che nel sugo ci voleva mettere l'aglio). Infine qualche frecciata a Matteo Renzi (prima del feeling e delle telefonata di ieri grazie alla quale: «Matteo ha detto di pensarla come me sui funerali») e se l'è presa ultimamente anche con Virginia Raggi, che aveva usato il termine «all'amatriciana» in senso dispregiativo: «Tutelerò il nome della mia città!», ha rombato Pirozzi che è molto affezionato alla sua felpa salviniana su cui naturalmente c'è scritto Amatrice. «La felpa - così racconta - è stata la prima cosa che ho tirato fuori da casa, quando ho abbandonato la mia abitazione».