Intercettazione Renzi, scontro tra Procure: quell'audio che divise Roma e Napoli

Intercettazione Renzi, scontro tra Procure: quell'audio che divise Roma e Napoli
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 18 Maggio 2017, 15:07 - Ultimo agg. 15:42
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Una divergenza di opinioni, guai a parlare di scontro, espressione in questi giorni smentita a più riprese a colpi di comunicati stampa e alzate di spalle: una semplice e ordinaria divergenza di opinioni. 

Che sta alla base della decisione assunta dalla Procura romana di condurre l’interrogatorio di Tiziano Renzi lo scorso tre marzo senza fare leva sulla intercettazione del giorno prima, quella ormai famigerata in cui Matteo intima al padre di dire tutta la verità una volta dinanzi ai magistrati e di non fare come al cospetto di Luca (probabile riferimento al ministro dello sport Luca Lotti). 

Ma proviamo a sceneggiare quella mattinata a Roma. Mancano poche ore prima di ricevere il padre dell’ex premier Matteo Renzi, «invitato a comparire» nella Capitale con l’accusa di traffico di influenze, visti i suoi rapporti con Carlo Russo, l’imprenditore farmaceutico che avrebbe bussato alla Consip di Luigi Marroni per conto di Alfredo Romeo. Prima di dare inizio all’interrogatorio, gli inquirenti si trovano però di fronte a un bivio cruciale, ad una scelta che sta poi alla base – come vedremo di qui a poco - di mettere in discussione la delega ad indagare al Noe. Ed è a questo punto che si consuma la divergenza interpretativa, proprio a partire dalla rilevanza da attribuire a quelle parole intercettate dal Noe su richiesta della Procura di Napoli. Stando ai bene informati, la decisione finale la prende lo stesso Pignatone, il padrone di casa, che non si mostra intenzionato a seguire Napoli e non intende scoprire le carte. Seduti attorno allo stesso tavolo, ci sono - oltre al capo dei pm romani - anche l’aggiunto capitolino Paolo Ielo e il pm napoletano Celeste Carrano, titolare delle indagini Romeo-Consip sin dalla prima ora, ovviamente assieme al collega Henry John Woodcock, che nel frattempo è a Firenze assieme al collega romano Mario Palazzi ad interrogare Carlo Russo. 

Cosa accade prima di interrogare Renzi senior? Si decide di non digitare sul file audio dell’intercettazione, si preferisce evitare il colpo di teatro. In sintesi, si sceglie la strada di non usare la conversazione tra padre e figlio come elemento di confronto dell’interrogatorio di Tiziano Renzi. Vengono usate le parole di Luigi Marroni, ad di Consip che chiama in causa Tiziano Renzi, ma anche i verbali di Marco Gasparri, ex funzionario addetto alle vendite in Consip, che parla di un «livello alto», ma di non disvelare il contenuto di quella intercettazione. Anzi. La valutazione finale sul contenuto della conversazione è questa: è tutto materiale irrilevante, non c’è alcun motivo per «contestarla» a Tiziano Renzi, anche perché ogni riferimento a quello scambio di battute avvenuto il giorno prima comporterebbe il dovere di riversare l’intercettazione nella trascrizione dell’interrogatorio che non viene secretato.

E non è tutto. Da quel momento - sembra di capire - la telefonata tra padre e figlio viene trasmessa al comando provinciale dei carabinieri, con l’obiettivo di allegarla agli atti dello stesso fascicolo che vede Renzi senior indagato. Fatto sta che a partire dal tre marzo scorso, i rapporti tra inquirenti e investigatori prendono la china che ora tutti conoscono. È il quattro marzo quando il capo dei pm romani Pignatone chiude i conti con il Noe, revocando le indagini al nucleo ecologico e dando inizio alle verifiche che porteranno alla notifica di un invito a comparire a carico dello stesso capitano Scafarto. Ma in questa storia di intercettazioni che spuntano dal chiuso degli archivi, c’è spazio anche per una sorta di giallo. È il riferimento all’intercettazione che avrebbe visto ancora coinvolti papà Renzi e il suo avvocato Federico Bagattini, di cui parlava ieri il quotidiano La Verità. Stando al giornale diretto da Maurizio Belpietro, Roma avrebbe mandato al macero la conversazione, perché riguardante una conversazione tra il legale e il suo assistito, in quanto materiale garantito e inviolabile. Una circostanza smentita dalla Procura di Pignatone e da quella di Fragliasso, che chiariscono che «non risulta essere stata disposta la distruzione dell’intercettazione» alla quale si fa riferimento nell’articolo de La Verità. Una smentita che conferma la piena sintonia tra i vertici delle due Procure, a distanza di un mese e mezzo da quella mattinata in cui, in quel di piazzale Clodio, bisognava stabilire come usare, e se fosse opportuno usare, l’ormai famosa intercettazione in cui Renzi ammoniva il padre a non mentire e a non fare come aveva fatto con l’amico Luca.

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