Intercettazioni, è polemica
sull'ipotesi stretta

Intercettazioni, è polemica sull'ipotesi stretta
Sabato 9 Settembre 2017, 08:13 - Ultimo agg. 11:32
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Anche se il ministero della Giustizia riferisce che sulle intercettazioni «allo stato non esiste alcun testo né definitivo né ufficiale», la polemica politica sul decreto inviato alle procure dal ministro Orlando divampa.
Il Movimento 5 Stelle parla già di «decreto-bavaglio», di «colpo di spugna per salvare Tiziano Renzi, Lotti e il cerchio magico coinvolto nell'inchiesta Consip». Luigi Di Maio consiglia al ministro Orlando di «dedicarsi ai tempi della giustizia» piuttosto che «scaricare sui magistrati la colpa». «Sei fuori bersaglio», gli risponde Donatella Ferranti del Pd. Sul fronte opposto Forza Italia, con Amedeo Laboccetta, parla di «legge blanda». Il ministero, da parte sua, si affretta a dire che «allo stato non esiste alcun testo né definitivo né ufficiale». Ma un testo, il Ministero, lo ha diramato a numerosi procuratori e porta l'intestazione «schema di decreto legislativo recante «disposizioni in materia di intercettazioni». Un documento che per quanto ancora provvisorio, mette le mani avanti in vista dei contenuti di una delega che il governo deve esercitare entro tre mesi dall'entrata in vigore della riforma penale, cioè entro il 3 novembre, o decadrà. Quella delega si presenta praticamente in bianco nel provvedimento di partenza. L'iter per riempirla sarà accompagnato da una serie di incontri, già tra lunedì e martedì, con magistrati, avvocati, giornalisti, accademici.

Ma intanto la bozza dice molto della strada che si vuole intraprendere. Fatto salvo il diritto di cronaca, si prevede il carcere fino a 4 anni per chi diffonde riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate in maniera fraudolenta per danneggiare «la reputazione o l'immagine altrui». Si vieta la trascrizione nei verbali di intercettazioni non rilevanti per l'indagine, un limite che il pm può oltrepassare solo «con decreto motivato» di fronte a materiale rilevante «per fatti oggetto di prova». Nelle richieste di misure cautelari dei pm, nelle ordinanze dei gip, in quelle del riesame non si potranno riprodurre integralmente le intercettazioni, ma solo il loro contenuto, attraverso una sorta di sunto. La rilevanza delle conversazioni captate da acquisire in dibattimento la stabilirà un giudice in un'udienza filtro con le parti. Tutto il resto sarà stralciato e destinato a un archivio riservato, finora non previsto dal codice; un archivio delle intercettazioni istituito presso l'ufficio del pm, il cui accesso - registrato con data e ora - sarà permesso solo a giudici, difensori e ausiliari autorizzati dal pm; «direzione» e «sorveglianza» saranno affidati al procuratore della Repubblica.

Quanto ai mezzi per intercettare, viene seriamente delimitato l'uso di captatori informatici in pc o cellulari, consentito solo per i reati più gravi. La prossima settimana, con l'avvio degli incontri al ministero, si capirà meglio come gli addetti ai lavori valutano il testo. Per ora, un ex inquilino di via Arenula, Enrico Costa, già vice ministro della Giustizia, apprezza il merito, auspica che «non ci siano dietrofront», ma è perplesso sul metodo seguito. Di certo, il clima su questo tema è molto cambiato, nel Paese e nei «palazzi», dall'era Berlusconi e da più parti si è spesso invocato un freno alle intercettazioni che finiscono sulla stampa. Ma passare dalla trascrizione integrale delle intercettazioni al loro sunto, è un bel salto. «Un errore», secondo Antonio Di Pietro, ex pm di Mani Pulite. «La sintesi - afferma - non riproduce mai la realtà e non si può impedire al magistrato di avere una ricostruzione integrale». Altra cosa è vietare la pubblicazione di materiale non rilevanti spesso usato «a fini di gossip». Ma per questo una legge c'è già, va fatta rispettare e «anche chi informa deve rendersi conto che deve usare solo strumenti leciti per farlo».