I «gemelli della terra» sono sette
La Nasa: possono ospitare la vita

I «gemelli della terra» sono sette La Nasa: possono ospitare la vita
di Massimo Capaccioli
Giovedì 23 Febbraio 2017, 08:38 - Ultimo agg. 11:30
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È proprio vero che chi cerca trova! Frugando tra i milioni di stelle che accompagnano il Sole nel suo andare attorno al centro della Via Lattea, il telescopio orbitante Spitzer ne ha individuata una con un corredo di ben sette pianeti presumibilmente solidi e di taglia terrestre, tre dei quali entro la zona abitabile, cioè a una distanza dall'astro compatibile con le condizioni che si ritiene debbano sussistere per lo sviluppo di forme di vita come la nostra. Un colpaccio, che la NASA ha comunicato al mondo con consumata sapienza, lanciando prima un'esca per far salire il livello della curiosità e poi svelando l'arcano con una conferenza stampa in diretta planetaria, preparata nei minimi dettagli. In un mondo dove ogni cosa costa e tutto ha un prezzo, anche la scienza va venduta bene.

In effetti l'astro in questione, una stellina ultrafredda della costellazione dell'Acquario, magra al limite dell'anoressia, e tanto vicina a noi che per raggiungerla basterebbe viaggiare 40 anni alla velocità della luce, è nota agli astronomi da un paio d'anni. A farla uscire dall'anonimato è stato un piccolo ma sofisticato telescopio posto sulle Ande del Cile da belgi e svizzeri, specializzato nella ricerca di pianeti extrasolari, che nel 2015 riuscì a snidare i suoi primi tre inquilini.

La caccia ad altri sistemi planetari è cominciata oltre vent'anni fa quando il progresso tecnologico permise la costruzione di macchine capaci di rivelare il piccolo moto oscillatorio di quelle stelle che giocano al tiro alla fune con pianeti abbastanza massicci e vicini. Un esercizio di pazienza difficile e raffinato che si giustificava con l'importanza dell'eventuale positivo risultato. Nessuno sapeva infatti con certezza se il nostro Sistema Solare fosse una rarità nel cosmo oppure la regola, come si sospettava. Ne andava della comprensione dei meccanismi di formazione delle stelle e udite udite della verifica dell'esistenza dei supporti indispensabili alla vita, almeno come noi la conosciamo. Ispirandoci alla sola nostra esperienza e trascurando pericolose illazioni su una biodiversità cosmica di cui non sappiamo nulla, è infatti possibile declinare le condizioni che presiedono alla nascita e al sostentamento di forme di vita e di intelligenza fondate sulla chimica del carbonio: una superfice solida su cui poggiarsi e una temperatura capace di far rimanere l'acqua nella fase liquida. Richieste che si traducono nella necessità di avere corpi planetari abbastanza piccoli alla giusta distanza da stelle relativamente fredde, perché quelle calde vivono troppo poco e in modo turbolento: due condizioni che il lento e delicato processo della vita non gradisce.

Sebbene oggi si conoscano quasi tremila sistemi solari oltre al nostro, la maggior parte dei pianeti osservati è troppo grande oppure è collocata troppo male per darci qualche speranza. Il problema non sta nell'assenza di candidati virtuosi, ma nella difficoltà di rivelare la loro eventuale presenza, perché la piccola taglia genera minime perturbazioni periodiche nella velocità della stella madre che gli strumenti faticano a misurare. Niente panico, però! Esiste una speciale situazione in cui si riescono a rivelare corpi anche piccoli su orbite relativamente estese.

Accade quando i piani orbitali giacciono, per puro caso, in prossimità della linea di vista che congiunge l'osservatore all'astro, consentendo l'avverarsi di minuscole eclissi a ogni passaggio del pianeta davanti alla sua stella. Sia la sonda infrarossa Spitzer che il sofisticato giocattolo svizzero-belga denominato TRAPPIST (acronimo che sta per Piccolo telescopio per pianeti e planetesimi in transito) hanno la capacità di vederle, consentendo agli astronomi di ricostruire geometrie orbitali e dimensioni dei corpi osservati.

È così che, novella Biancaneve, la piccola Trappist-1 è stata costretta a svelare il patrimonio dei suoi sette nani planetari. La stella in questione è molto più piccola e meno luminosa del sole: la sua massa è pari a un decimo rispetto a quella della nostra stella e la sua luminosità pari a solo 5 decimillesimi. I pianeti, inoltre, sono molto più vicini tra loro di quanto non lo siano i pianeti del nostro sistema solare. Compiono un'orbita completa intorno alla loro stella nell'arco di una manciata di giorni. Così, il loro anno «vola»: va dalla durata minima di un giorno e mezzo a un massimo di 12,3 giorni. Ma dov'è lo scoop? Nella eccezionalità del caso, che presenta buona parte delle caratteristiche immaginate dagli specialisti per lo sviluppo della vita. Da qui a dire però che attorno alla magra stellina alberghino esseri pensanti, o semplici alghe o anche soltanto batteri, il cammino è molto lungo e per nulla ovvio. Non basta aver rintracciato un'ampia caverna per pensare di aver trovato l'orso. Prudenza, dunque! Ciò nonostante, viene da dire, con le parole di Amleto, che «ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, di quanto non sogni la tua filosofia». Insomma, bisogna cercare ancora, investire risorse e intelletto in questa avventura della conoscenza, per accumulare casi, scovare eccezioni, e forse trovare finalmente le prove di quello che quattro secoli fa andava dicendo Giordano Bruno: «Non bisogna dunque cercare, se estra il cielo sia loco, vacuo o tempo; perché uno è il loco generale, uno il spacio immenso, che chiamar possiamo liberamente vacuo; in cui sono innumerabili ed infiniti globi, come vi è questo in cui vivemo e vegetamo noi».

Per queste e simili parole venne messo al rogo in Campo dei Fiori, all'alba del 17 febbraio del 1600, con la mordacchia in bocca perché non bestemmiasse oltre. Un tale orrendo misfatto, mentre festeggiamo l'impresa della NASA, ci fa dire con Kant che oltre al cielo stellato sopra di noi non dovremmo smettere di ascoltare quella legge morale che, pur dentro di noi, oggi sembra alquanto afona.