Lavoro senza orario fisso: in molte aziende è da tempo una realtà

Lavoro senza orario fisso: in molte aziende è da tempo una realtà
di Oscar Giannino
Domenica 29 Novembre 2015, 10:21 - Ultimo agg. 15:26
2 Minuti di Lettura
Ha ragione o torto il ministro del Lavoro Poletti, affermando che nei contratti di lavoro bisogna guardare meno all’orario e più al risultato? Nella sostanza ha ragione, e vedremo perché. Nella forma ha torto: a un ministro del Lavoro bisogna sempre chiedere di parlare commisurando le parole ai fatti. I fatti davanti a noi tutti sono il blocco per cinque anni del rinnovo dei contratti pubblici, e pochi soldi in legge di stabilità ora che per decisione della Corte costituzionale vanno rinnovati.

Inoltre, nel mondo privato, uno scontro molto forte tra Confindustria e sindacati, sul tema proprio della contrattazione di produttività aziendale, che assuma la priorità rispetto al contratto nazionale. Poiché il ministro queste cose le sa benissimo, meglio avanzare proposte concrete che far battute, che finiscono solo per mettere benzina sul fuoco. Altrimenti finisce come abbiamo visto: i sindacati insorgono, accusano il ministro di offendere i lavoratori e di non sapere che cos’è il lavoro, e non si fa un passo avanti ma due indietro.

E imprese e lavoratori continueranno a trattare contratti in cui orari e retribuzioni si stabiliscono follemente a livello nazionale per categoria, invece che azienda per azienda a seconda di come sia la domanda effettiva da coprire, e di come conciliare il tempo-vita dei lavoratori con gli obiettivi di produzione da raggiungere per conquistare più mercato, cioè ottenere più reddito sia per i lavoratori sia per l’impresa. Paragonate i quattro mesi di congedo paterno pagato al 100% di retribuzione appena annunciato da Facebook, ai 10 mesi di congedo parentale complessivi divisi tra padre e madre concessi dalla legge italiana entro i primi anni di vita del bambino ma pagati al 30% della retribuzione, e avrete una prova schiacciante di quanto siamo indietro.

Nei servizi, a cominciare da quelli pubblici, fissare con precisione metriche di risultato ex ante e verificabili ex post come ancora di riferimento contrattuale, e allargare la flessibilità oraria con concentrazioni dei carichi anche molto più elevati a fronte dei massi contrattuali odierni ma con mesi poi di recupero vincolati al solo telelavoro dove possibile: è questa, la frontiera verso cui avviarsi. Ma, dicono i sindacati, sono tutte illusioni se parliamo dell’industria, dove i turni sono a mansioni ripetitive e usuranti in catene di montaggio. Non ci siamo proprio: è una visione da strapassato remoto. E laddove è ancora così, c’è un gran bisogno di contratti fatti apposta per superarla. Anche la manifattura italiana è in corso di adeguamento agli standard internazionali di Industry4.0, rivoluzionata da ICT e Internet of things.