Equitalia, stop agli interessi
ma non ci sarà condono

Equitalia, stop agli interessi ma non ci sarà condono
di Marco Esposito
Lunedì 17 Ottobre 2016, 08:04 - Ultimo agg. 18 Ottobre, 11:10
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Sono venti milioni i contribuenti pronti a festeggiare per l'annunciata dipartita di Equitalia. Venti milioni di o persone o imprese che oggi hanno un debito con il Fisco, il Comune, l'Inps, la Camera di commercio, la Regione, un ordine professionale o una cassa di previdenza e che la società pubblica di riscossione Equitalia chiede di saldare con sanzioni, interessi e oneri vari. Ma, prima di stappare la bottiglia, è il caso di comprendere i dettagli e la portata della sanatoria in arrivo.



Le cifre in gioco sono colossali perché Equitalia, nei suoi dieci anni di vita, ha provato a incassare la somma astronomica di 1.050 miliardi (miliardi!) di euro. Fanno 17.500 euro per ogni italiano. In cassa, sempre nei dieci anni, si è trovata 81 miliardi, che ha girato in massima parte agli enti creditori. Ottantuno miliardi sono una cifra considerevole, eppure modesta rispetto all'importo accertato. E nello scarto tra 1.050 dovuti e 81 pagati c'è la storia del rapporto tormentato tra contribuente e stato, nelle sue tante articolazioni.

Anche se Equitalia nasce nel 2006, eredita un pacchetto di cartelle dei riscossori privati (di solito società bancarie). La legge fiscale del 1999 prevedeva che una cartella fosse dichiarata «inesigibile» dopo 36 mesi. Ma la scadenza è stata via via prorogata e quella in vigore è il 31 dicembre 2017. Quindi siamo di fronte a una mostruosa stratificazione quasi ventennale delle somme da riscuotere.

Nessuno pensa più di incassare 1.050 miliardi e questo per diverse ragioni. La più ovvia: 81 miliardi sono già stati riscossi. E altri 25 miliardi sono in arrivo con il sistema di rateizzazione introdotto nel 2008 e che coinvolge oltre 3 milioni di contribuenti, di cui un terzo al Sud. Ma, considerati i 106 miliardi riscossi o in via di incasso, di miliardi ne restano ben 944. Che fine hanno fatto? Ci sono sette risposte.

Per scoprirle bisogna spulciare il rapporto «Equitalia 2016» che si apre con le parole del fondatore dell'economia Adam Smith: «Ogni imposta deve essere riscossa nel tempo e nel modo in cui è più probabile che sia comodo per il contribuente pagarla». Parole che suonano beffarde per chi ha avuto a che fare con ganasce fiscali, pignoramenti e cartelle più o meno pazze, azioni che hanno caratterizzato la storia di Equitalia almeno fino al 2012.
Tornando ai sette motivie per i quali le somme non sono mai state riscosse, la prima è che a 208 miliardi hanno semplicemente rinunciato i creditori, o perché hanno capito da soli di aver sbagliato, o perché un giudice ha dato loro torto. La seconda: ci sono 138 miliardi dovuti da soggetti che nel frattempo sono falliti. La terza: 78 miliardi di euro non saranno mai pagati perché i debitori sono morti o, se imprese, hanno cessato ogni attività. La quarta, impressionante, è la somma dovuta e mai pagata da persone che risultano nullatenenti: 92 miliardi, tra i quali probabilmente dei prestanome di attività per conto terzi. La quinta: 28 miliardi sono considerati non incassabili perché gli enti creditori o la stessa Equitalia temono (o hanno subito) sentenze negative.

C'è poi - e siamo a sei - una somma gigantesca, la più elevata di tutte, di azioni esecutive intraprese da Equitalia, come i pignoramenti, che tuttavia non hanno portato nessun risultato: 315 miliardi. Infine, e sono sette, c'è un importo, pari a 34 miliardi, di cartelle per le quali Equitalia ha dovuto rinunciare ad azioni esecutive perché bloccata nei suoi vecchi poteri dalle leggi intervenute negli ultimi anni, scritte per impedire le azioni più vessatorie: sono scattate infatti l'impignorabilità della prima casa, la limitazione della pignorabilità dei beni strumentali (il camioncino di un'impresa), il limite al pignoramento del quinto della stipendio o della pensione e il limite alle ipoteche solo per i crediti oltre i 20mila euro.

Tolte tutte queste somme - ormai inesigibili (ma formalmente esigibili fino a fine 2017) - a Equitalia resta un portafoglio di cartelle pari a 51 miliardi di euro che la società definisce «lavorabili». È su questa somma che interverrà la sanatoria annunciata dal governo. L'idea è di chiedere ai contribuenti il solo importo originario del debito, senza sanzioni, interessi di mora, oneri di riscossione. Con tale sconto, i 51 miliardi «lavorabili» si dimezzeranno a 25-26 miliardi ma, prudenzialmente, il governo si aspetta di incassare 4,2 miliardi. Non sono pochi, perché una parte delle somme della sanatoria andrà girata agli altri soggetti creditori, cioè soprattutto all'Inps (per i contributi non versati dalle aziende) e ai Comuni (per le multe e tasse locali non pagate).
E poi? Saldate con lo sconto le cartelle, chiusa formalmente Equitalia il 30 giugno 2017, cancellati a fine 2017 i crediti inesigibili, si potrà ripartire da zero in base al piano cui sta lavorando lo stesso amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini. Con quali principi? «Il tempo del pagamento, le modalità con cui il pagamento deve essere effettuato, l'esatta quantificazione della somma da pagare dovrebbero essere tutti chiari e semplici per il contribuente e per ogni altra persona». Ancora Adam Smith, anno 1776. Mai troppo tardi per cominciare.