Meno vaccini, boom di morti: 23mila in più tra gennaio e febbraio

Meno vaccini, boom di morti: 23mila in più tra gennaio e febbraio
di Marco Esposito
Venerdì 23 Giugno 2017, 08:35 - Ultimo agg. 21 Marzo, 17:08
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 Inverno killer. Il 2017 si è aperto con una impennata dei decessi senza precedenti: a gennaio i morti in Italia sono passati da 55mila a 75mila e a febbraio (nonostante il giorno in meno perché il 2016 era bisestile) sono comunque cresciuti da 55mila a 58mila. In tutto sono oltre 23mila morti in più in un bimestre. Una strage silenziosa, consumata nel dolore delle famiglie, portata alla luce dalle rilevazioni demografiche mensili effettuate dall'Istat. L'Istituto di statistica ha raccolto dai Comuni i dati sul saldo naturale e su quello migratorio dei primi due mesi del 2017. E il bilancio è negativo come mai in passato non tanto per il calo delle culle, che pure c'è stato, quanto per l'impennata dei morti.

Una strage sulla quale ci si comincia a interrogare, e che sembra avere quattro possibili cause concomitanti: l'invecchiamento progressivo della popolazione, che la rende più fragile; la insufficiente copertura vaccinale degli anziani; la difficoltà per un'ampia fascia della popolazione a curarsi in modo adeguato; un effetto statistico di rimbalzo visto che il 2016 aveva fatto registrare un calo delle dipartite rispetto al picco del 2015. Il mix di varie cause va approfondito, ma resta il fatto che il dato di gennaio fa davvero impressione con 75.510 morti, record assoluto per l'Italia: mai in uno stesso mese erano scomparse tante persone.

La distribuzione territoriale non permette di aggiungere elementi particolari. Rispetto ai 55.674 morti del gennaio 2016 l'aumento è del 35,6%. Il dato è piuttosto omogeneo sul territorio con un picco nel Lazio (+51%) e in Liguria (+45%) con la Campania a +38% e valori minori in Sicilia e in Sardegna a +24%. Non è un fenomeno legato ai diversi modelli sanitari regionali ma che colpisce le fasce più anziane della popolazione e quindi soprattutto le donne. La quota femminile tra i morti è cresciuta dal 52,4% del gennaio 2016 al 53,6% del gennaio di quest'anno. In valore assoluto sono 40.460 donne decedute e il dato fa ancora più impressione se confrontato alle bimbe neonate: appena 19.106 con un tasso di sostituzione naturale inferiore alla metà.

A un saldo naturale profondamente negativo si somma un saldo migratorio non particolarmente brillante, soprattutto per la popolazione femminile. Nei primi due mesi del 2017 tra uscite e ingressi il saldo della popolazione residente femminile è aumentato di sole 4.406 unità. Del tutto insufficiente quindi per bilanciare il saldo naturale negativo di 35.567 donne registrato in due mesi. Per la popolazione maschile il saldo migratorio nel primo scorcio del 2017 è positivo per 7.508 persone mentre quello naturale (vale a dire le nascite meno le morti) è negativo per 24.201 persone. Tirando le somme, in soli due mesi i residenti in Italia (popolazione regolare straniera compresa, quindi) sono diminuiti da 60.589.445 a 60.541.591. In due mesi è sparita una cittadina di 47.854 abitanti (come Rieti) di cui ben 31.161 donne.

«I numeri vanno approfonditi - osserva Silvestro Scotti, presidente nazionale dei medici di famiglia - ma temo che abbia influito l'influenza del 2017 con la diminuzione delle coperture vaccinali. Anche se quest'anno le vaccinazioni sono state in lieve ripresa, va considerato l'effetto della riduzione delle coperture degli ultimi anni. Sappiamo inoltre che in diverse regioni commissariate o in piano di rientro si esaurisce il fondo per la diagnostica anche tre o quattro mesi prima della fine dell'anno creando un ritardo diagnostico o un rifiuto di cure per lo spostamento dal settore pubblico a quello privato, con la conseguenza che aumentano nel periodo invernale le morti evitabili».

Il picco di influenza quest'anno si è registrato proprio a fine gennaio anche se gli anziani deceduti per ragioni direttamente collegate all'influenza sono stati appena una ventina. «È stato un gennaio freddissimo - commenta l'epidemiologa Maria Triassi - ma per dare un giudizio puntuale occorrerebbe la mortalità per fasce di età. Temo che la causa prevalente sia nell'impoverimento di fasce della popolazione italiana, con persone soprattutto anziane che non accedono ai servizi sanitari e quindi non si curano più. La conseguenza è la riduzione della vita media. Se confermato, il dato merita un'attenta riflessione».



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