Se qualcuno si fosse fermato, Sara sarebbe ancora viva. Se qualcuno avesse avuto pietà di quella ragazza avvolta dalle fiamme che chiedeva disperatamente aiuto, Sara Di Pietrantonio, forse, sarebbe scampata a una morte atroce. È questo che aggiunge orrore all’orrore nell’ennesimo caso di femminicidio.
È accaduto a Roma, in via della Magliana, quel che accadde a Carla a Pozzuoli mesi fa, con esiti per fortuna meno infausti. Lei 22 anni, studentessa di economia; l’uomo che diceva di amarla e le ha dato fuoco, di anni ne ha 27, e fa la guardia giurata. Non l’ha uccisa in un impeto di rabbia improvvisa, accecato da un raptus incontrollabile: secondo le ricostruzioni degli inquirenti ha avuto il tempo di pedinarla, l’ha inseguita in auto, l’ha obbligata a fermarsi tamponandola, le ha versato addosso l’alcol, ma la ragazza è riuscita a scappare e allora Vincenzo Paduano, si chiama così l’assissino, l’ha inseguita a piedi e le ha dato fuoco.
Se qualcuno si fosse fermato, Sara sarebbe ancora viva. Lo dicono gli investigatori, e certo basta un attimo per attraversare le sliding doors del destino. Dentro o fuori. Vivo o morto. Invece Sara, bionda, bella, riccia, è finita carbonizzata dietro un cespuglio, le braccia aperte, la camicetta sbottonata per chissà quale fame d’ira. L’ha trovata sua madre: sul cellulare le aveva scritto «sto tornando a casa».
Sara e l'indifferenza
orrore su orrore
di Titta Fiore
Lunedì 30 Maggio 2016, 16:25
- Ultimo agg. 16:29
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