Meredith, Sollecito: «Non chiamatemi più assassino. La mia famiglia fatta a pezzi»

Meredith, Sollecito: «Non chiamatemi più assassino. La mia famiglia fatta a pezzi»
Lunedì 30 Marzo 2015, 11:58 - Ultimo agg. 31 Marzo, 16:35
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«Non accetto mai più di essere definito assassino e mi tutelerò nelle sedi opportune nel caso ce ne fosse bisogno»: lo ha detto Raffaele Sollecito durante una conferenza stampa a Roma dopo l'assoluzione da parte della Cassazione nel processo per l'omicidio a Meredith Kercher, la ragazza uccisa a Perugia nel 2007.

L'avvocato Giulia Bongiorno, che lo ha difeso nel processo, ha aggiunto che quello di oggi è «un contributo che vuole dare Raffaele, una sua dichiarazione, che vi darà contezza del suo stato d'animo.

Non è una conferenza tecnica. Non intendiamo rifare il processo; questo è un incontro con i giornalisti visto che altrimenti non lo lascereste continuare a vivere. Non intendiamo parlare di tecnicismi».

«Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato: senza il loro supporto non avrei avuto la forza di arrivare fino a qui. Ringrazio in particolare mio padre, i miei avvocati e i miei familiari», ha detto ancora Sollecito.

«Mi sento come un sequestrato tornato alla libertà. Il mio sequestro è stato insopportabile. Sono stato additato come un assassino senza uno straccio di prova. La mia famiglia è stata fatta a pezzi, sbriciolata. Non è vero che non mi aspettavo questa sentenza: questa sentenza doveva finire così», ha aggiunto.

«Ho una lista infinita di momenti brutti: 7 anni e 5 mesi è un tempo infinito quando si vive in una tragedia infernale che fa parte della tua esistenza. Tra i momenti più brutti, quello del mio arresto. Ora potrò vivere come un ragazzo della mia età. Non avevo nulla a che fare con quell'omicidio, mi sembrava tutto surreale», ha detto ancora Sollecito. «Non dimentico nemmeno le offese gravissime nei confronti dei miei familiari. Ho sentito livore nei miei riguardi. Ancora oggi mi chiedo perchè di quell'odio che è nelle carte».

«A me dispiace che la famiglia di Meredith sia delusa dalla sentenza. Questa sentenza è la verità processuale che stavolta è coincidente con i fatti. Io non ho nulla a che fare con il delitto. Meredith la conoscevo pochissimo, non avevo motivi per avere astio e rendermi partecipe di un delitto orribile. Spero che loro riconoscano questa verità dei fatti. Guede non lo conosco affatto. Amanda l'ho sentita ultimissimamente, le ho fatto gli auguri, siamo entrambi molto felici. Ha festeggiato con la sua famiglia», ha affermato ancora Sollecito.

«Rudy Guede deve parlare, non ha nessun motivo per tacere e continuare a negare: lo deve alla famiglia della povera Meredith», ha poi aggiunto Francesco Sollecito, padre di Raffaele.

«Il mio rapporto con Amanda era una semplice storia d'affetto tra due ragazzi. Auguro ad Amanda ogni bene, forse scriverò un libro, ora voglio dimenticare. Questa ferita non si rimarginerà mai purtroppo. Ringrazio i giudici che mi hanno risarcito di tante sofferenze, la ferita non smetterà mai di sanguinare, non si cicatrizzerà mai. Sono completamente estraneo a tutta questa vicenda», ha sottolineato ancora Sollecito. «Il dolore è ancora presente, se guardo l'esito finale la giustizia ha funzionato».

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