Le inchieste del Mattino | Pochi voli
e hotel piccoli: mini-turismo del Sud

Le inchieste del Mattino | Pochi voli e hotel piccoli: mini-turismo del Sud
di Antonio Galdo
Lunedì 8 Agosto 2016, 16:26 - Ultimo agg. 9 Agosto, 12:36
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All’ingresso del Museo Archeologico di Reggio Calabria la prima domenica del mese si fa festa. Nel doppio senso, perché da un lato è un giorno, appunto, festivo, e dall’altro lato tutti i visitatori, stranieri e residenti, entrano gratis. Nel Sud quando dici che non si paga un biglietto, la fila all’ingresso è garantita, se poi, come in questo caso, si possono contemplare gratis i Bronzi di Riace e i reperti archeologici di uno dei più importanti musei europei sulla Magna Grecia, allora l’annuncio del boom dei visitatori diventa scontato. Infatti sono stati più di 6mila. Tutti meritati, comunque, per uno spazio appena rinnovato e riaperto in pompa magna, alla presenza di Matteo Renzi, nella scorsa primavera, dove finalmente si annusa una certa voglia di lavorare per una istituzione culturale dove le regola era «zero visite, zero fatica». Ma quanti di questi 6mila ingressi si traducono in un vero flusso turistico a vantaggio del territorio della Calabria e poi, semmai, della Sicilia? Pochi, pochissimi, e qui torniamo al consolidato andazzo del numero zero. Gli stranieri entusiasti, commossi per l’emozione, nel vedere i Bronzi di Riace ci sono, ma piuttosto che dormire a Reggio, e magari proseguire per le Eolie, preferiscono arrivare in autobus perfino dalla Puglia e dalla Basilicata. Reggio Calabria, infatti, spaventa per quella tipica combinazione del turismo meridionale sprecato con tecnica autodistruttiva: alberghi poco attraenti (e a prezzi alti), tranne rare eccezioni note solo ai viaggiatori più informati, e territorio molto respingente, specie per una variabile non secondaria nota come criminalità organizzata. 
Restando al nostro confronto con i vincenti concorrenti spagnoli, i numeri parlano chiaro. Una coppia di turisti stranieri per una settimana con pensione completa, tra metà luglio e fine agosto, in un albergo a quattro stelle di Reggio Calabria paga, in media, 1.850 euro. Una coppia di napoletani, per andare in vacanza una settimana a Palma de Maiorca o Minorca, ovvero nelle isole Baleari, nello stesso periodo, spende 1.700 euro per un pacchetto tutto compreso che comprende volo diretto da Napoli, albergo con pensione completa, transfert dall’aeroporto e perfino una polizza viaggio. La differenza tra le due proposte diventa un abisso, in termini di costi e di spesa. E, a proposito di musei, su internet Tripadvisor ne segnala dieci a Palma de Maiorca, da non perdere, tra i quali la Mirò Foundation che viene considerata uno dei fiori all’occhiello dell’intera offerta culturale in Spagna.

Quanto alla seconda variabile non indipendente, la criminalità organizzata, in grado di allontanare più che attrarre i turisti dalla Bella Calabria, proprio durante gli stessi giorni dei record dei visitatori al Museo Archeologico, scattava un’altra operazione da record: quaranta arresti, tutti in un colpo, di politici, amministratori pubblici, funzionari dello Stato, affiliati, ai piani alti, delle cosche della ‘ndrangheta. Vai a spiegare a un americano oppure a un neozelandese, popoli anglosassoni con grandi tradizioni di viaggiatori, che i boss e gli affiliati della ‘ndrangheta controllano il traffico della cocaina e (quasi) tutti gli appalti pubblici, e non perdono tempo a disturbare gli ospiti vacanzieri: per loro, per i protagonisti dell’industria del turismo globale, la sicurezza, come l’assistenza sanitaria, rappresentano priorità assolute, non negoziabili, o anche servizi essenziali per la scelta di una località. E alle Baleari, in tutte le isole dell’arcipelago, un banale scippo, fatto rarissimo, finisce sulle prime pagine dei giornali e dei siti locali. 

A proposito dei servizi, l’estate del 2016, quella che doveva consentire alla Sicilia e alla Calabria di sfruttare al meglio la crisi di interi circuiti concorrenti nel Mediterraneo (dalla Tunisia alla Turchia, passando per l’Egitto), si sta caratterizzando come la stagione turistica del corto circuito della spazzatura. Un crack di sistema, che ricorda la Napoli sommersa dai rifiuti nel 2010, con le discariche siciliane chiuse o al collasso, appena cinque stazioni di compostaggio in tutta la Sicilia che funzionano a singhiozzo, e con sacchetti di immondizia accumulati dovunque. Perfino nelle stradine delle isole Eolie, dove non esiste la raccolta differenziata, al contrario delle Baleari, dove invece si registrano i tassi più alti di questa essenziale procedura di smaltimento dell’intera Spagna. Credetemi, non si tratta di una differenza irrilevante nelle scelte di un turista che vuole programmare la sua vacanza senza correre il rischio di dover tornare a casa per un’emergenza sanitaria, legata al non funzionamento del sistema dei rifiuti, come qualcuno paventa in questi giorni in Sicilia. Mentre il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, dopo avere convocato a Roma il governatore siciliano Rosario Crocetta, annuncia: «In Sicilia per superare l’emergenza dei rifiuti servono nuovi impianti». Qualcuno ne dubitava? 

Nell’offerta dei servizi, il cuore dell’ospitalità turistica, la Spagna sta facendo le cose in grande, con una regia da sistema Paese, ormai da anni. Le strutture degli alberghi, per esempio, dispongono in media di 200-300 camere, mentre in Italia, e in particolare nel Sud, si scende a quota 25-30 camere. Quindi senza economie di scala, che consentirebbero in alcune circostanze di abbattere i costi, per esempio in grandi città come Reggio Calabria. Ancora: la stagione turistica spagnola, a differenza di quella del Mezzogiorno italiano che dura al massimo tre mesi, si è ormai allungata da marzo a ottobre. Con vantaggi e benefici per tutti, sia per gli operatori del settore sia per gli stessi turisti che possono spalmare il periodo delle vacanze e, fuori stagione, ottenere prezzi stracciati.
In Spagna, i pacchetti che si vendono ai turisti abbinano spesso le vacanze al mare delle Baleari con le visite di grandi e splendide città come Barcellona, Madrid e Siviglia. Il localismo non esiste solo in Italia, ma in Spagna scompare quando si tratta di far girare a pieno gas la macchina del turismo locale. Nella Bella Italia del Sud, invece, Calabria e Sicilia piuttosto che vendere insieme pacchetti ai turisti per portarli in entrambe le regioni, si sono specializzate in una versione molto pirotecnica, in tipico stile vulcanico locale, della guerra tra i poveri. O anche nella concorrenza a somma zero, un modo perfetto per ammazzare l’industria turistica sul territorio. Per esempio: gli orari degli aerei Alitalia in partenza tutte le mattine da Roma o da Milano per Reggio Calabria, sono stati studiati a tavolino per impedire, scientificamente, qualsiasi coincidenza con l’aliscafo che, durante l’estate, collega in modo diretto la Calabria alle isole Eolie che sono a due passi sul mare. Quando ho chiesto spiegazioni dell’enigma a entrambi gli assessori regionali al Turismo, della Calabria e della Sicilia, ho scoperto due cose. Primo: non esiste alcuna collaborazione tra le due regioni per la circolazione dei turisti nei rispettivi territori. Secondo: i calabresi non vogliono che i loro turisti (ma quanti sono?) si spostino verso la Sicilia. Punto e a capo. Al contrario, i calabresi hanno tentato di scippare le fotografie delle isole Eolie ai siciliani, inserendole nei depliant per la promozione delle bellezze regionali. Né è nata una disputa finita in tribunale, con tanto di causa, e con un giudizio, provvisorio, a favore dei siciliani che giustamente considerano le Eolie parte della loro regione e non della Calabria. Ma i calabresi, che in fatto di ritorsioni non scherzano, hanno pensato bene di fare girare sul web le immagini delle spiagge siciliane sommerse dalla spazzatura. E poi nessuno si può meravigliare se il 71% del fatturato dell’industria turistica in Italia si concentra nelle regioni del Nord, a scapito del Mezzogiorno. Mai come questa volta preso a cazzotti e messo a tappeto dalle proprie mani. 
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