Raid sul metrò a Roma, la mamma:
così ho difeso mio figlio

Un foto d'archivio
Un foto d'archivio
di Raffaella Troili
Domenica 25 Settembre 2016, 14:22 - Ultimo agg. 20:29
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Roma. C'è sempre un figlio da proteggere, forse un po' di più. Una mamma in cuor suo lo sa. Conosce le sue debolezze e qualità, i pericoli che può correre. Convive con ansie e timori, un giorno si ritrova spettatrice del peggiore degli incubi con cui convive: un pestaggio che «non finiva mai», racconterà. Quello che abbiamo visto tutti in rete: un groviglio di corpi intorno al palo dove ci si regge, un paio di bestie vestite di nero che tirano calci a un uomo gracile, chiaro, mite, la maglia bianca. E in mezzo una piccola donna che si scopre leonessa, che ferma i piedi di chi mira al volto del figlio, prova a bloccare le gambe che continuano a colpire senza sosta il suo Maurizio. Un'altra sequenza del video che si è procurato Rino Barillari e pubblicato on line dal Messaggero mostra il coraggio di Elena Vazzaz, 60 anni, la mamma di Maurizio Di Francescantonio, il 37enne massacrato domenica pomeriggio in un vagone della metro B da un gruppetto di giovani del Casertano, poi arrestati, reduci da una lunga notte terminata al mattino con un rave party a base di droghe e alcol. Lotta Elena perché «mio figlio si è rivolto a loro con educazione, gli ha solo detto attenti che in metro non si può fumare, mentre quelli sembravano indiavolati, erano strafatti». Lotta per quel giovane uomo a cui è tanto legata, che l'ha chiamata per tornare a casa assieme, con cui passa tanto tempo, visto che non ha un lavoro stabile. L'età non ha vestito l'affetto di pudore e distanza, sono sempre stati attaccati, uniti, un corpo e un anima, lo raccontano le amiche di lui fuori alla stanza dell'ospedale, lo confermano i parenti.

Sono soli, eppure intorno è pieno di gente che potrebbe fare la differenza. Le immagini parlano chiaro: ci sono quelle bestie che menano e una donna che li respinge, lucida. Prende e para colpi, addirittura riesce a spingerne uno contro i sedili, per un attimo sembra la protagonista di un videogioco, una strana Lara Croft, l'eroina di Tomb Raider. Lei però non ha armi né è allenata, ha solo quei superpoteri che sono la forza dell'amore materno. Non si arrende, fino all'ultimo, quando rimasti soli, esanimi, a terra, si rialza per vedere come sta suo figlio, trova la forza di correre via per cercare di prendere quei malviventi scesi alla stazione Bologna. Poi ritorna.

Eccola chinarsi su Maurizio Di Francescantonio, 37 anni, stringergli il viso, accarezzarlo dolcemente, sincerarsi che è vivo, trascinarsi sui sedili, rimanere accanto al figlio ferito e sotto choc. Non è il momento di crollare, deve ricordare tutto (sarà lei a riconoscerli in commissariato), pensare a Maurizio. Tutt'intorno è già andato in scena il fuggi fuggi generale, anzi no, una donna bionda e un po' impacciata non sa se andare o restare, s'attarda a guardare, raduna dentro sè tutto il coraggio che ha, rompe quel vetro d'indifferenza e timore che ha spinto molti ad allontanarsi velocemnte, alla fine allunga il braccio, gli offre la sua bottiglietta d'acqua, raccoglie il cellulare, le scarpe, gli oggetti che Maurizio e la mamma hanno perso nella lunga lotta con Luigi Riccitiello, 26 anni, Antonio Senneca, 24 anni e un altro ancora non fermato. Di uomini, sul vagone, non c'è traccia.
«Le aggressioni nella metro? Purtroppo ci sono tutti i giorni». A dirlo è una guardia giurata che lavora per una ditta privata per conto di Atac. E se l'allarme viene da un vigilantes che fa quel che può nella metro di Roma, c'è da preoccuparsi davvero.