Regeni, consegnati ai pm di Roma i tabulati di 13 egiziani sospetti

Regeni, consegnati ai pm di Roma i tabulati di 13 egiziani sospetti
Mercoledì 4 Maggio 2016, 13:33 - Ultimo agg. 5 Maggio, 12:44
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Ad un mese dal fallito vertice di Roma, gli investigatori italiani che indagano sulla morte di Giulio Regeni tornano al Cairo: gli uomini dello Sco della Polizia e quelli del Ros dei Carabinieri avranno sabato un nuovo incontro con i colleghi egiziani, per fare un punto sullo stato delle indagini delle autorità del Cairo e, soprattutto, verificare se l'Egitto abbia finalmente intenzione di collaborare. A parole il Cairo ribadisce le sue rassicurazioni: Roma continuerà ad essere informata con «trasparenza e onestà», sottolinea il capo della diplomazia egiziana, Sameh Shoukry. Ma il clima non sembra dei più sereni. Shoukry si dice infatti «preoccupato» per le ripetute e recenti dichiarazioni di Paolo Gentiloni. Frasi, quelle del ministro italiano «fatte ripetutamente nell'ultimo periodo» che - spiega alla Mena - non «riflettono i comuni interessi dei due Paesi o l'ampiezza della collaborazione offerta» dall'Egitto. Nessun riferimento specifico a quali parole si riferisca ma è presumibile si tratti del concetto, più volte ribadito dall'Italia, di una scarsa collaborazione egiziana sul caso.

Tornando al fronte della collaborazione fra inquirenti, l'invito alla procura di Roma è arrivato nuovamente dal procuratore generale d'Egitto Ahmed Nabil Sadeq, lo stesso che prima del vertice del 7 e dell'8 aprile aveva garantito in una telefonata al procuratore Giuseppe Pignatone che le autorità egiziane avrebbero consegnato «tutta la documentazione richiesta dagli inquirenti italiani». Il fantomatico dossier egiziano di 2.000 pagine si rivelò un volumetto di 30 contenente pochi atti, la metà dei quali già conosciuti; nessuna risposta alle richieste italiane; nessun passo avanti nell'indagine; gli egiziani che tra una riunione e l'altra hanno trovato il tempo di andare a fare shopping in un centro commerciale, costringendo la scorta ad accompagnarli. Un fallimento totale, conclusosi con il richiamo a Roma dell'ambasciatore Maurizio Massari.

La speranza è che non si ripeta il teatrino di aprile, anche se i dubbi restano: l'invio di alcuni dei tabulati chiesti da Pignatone e dal pm Sergio Coloiacco con la seconda rogatoria inviata per via diplomatica il 14 aprile. Quel documento conteneva tre distinte richieste: le testimonianze di una ventina di persone (i coinquilini di Giulio, gli amici, i docenti e i ricercatori universitari che frequentava al Cairo, i membri dei sindacati indipendenti e dei venditori ambulanti con cui era entrato in contatto per le sue ricerche, chi ha ritrovato il corpo), il traffico registrato dalle celle telefoniche di Dokki il giorno della scomparsa e da quelle del luogo del ritrovamento - richiesta che l'Egitto ha definito incostituzionale - e i tabulati di 13 cittadini egiziani. Oltre a quelli dei sindacalisti, dei venditori ambulanti e di altri amici, la procura di Roma aveva chiesto i tabulati dei 5 presunti appartenenti alla banda di sequestratori che avevano i documenti di Giulio e che sono rimasti tutti uccisi dalla polizia in uno «scontro a fuoco», che secondo i familiari non è mai esistito. Ma dal Cairo ne sono arrivati meno della metà e di quelli della banda non c'è alcuna traccia. I tabulati verranno ora analizzati nella speranza di ottenere elementi utili ed intanto gli investigatori attendono delle risposte da Google per tentare di capire come sia stato possibile che all'inizio di marzo, e dunque oltre un mese dopo la morte di Giulio, qualcuno è entrato nel profilo Google del ricercatore. Un accesso che sarebbe avvenuto dall'Egitto utilizzando la password di Regeni. Alcune notizie dei media mostrano intanto una mail inviata in dicembre dal ricercatore ad una attivista cui si era rivolto per aiutare ambulanti con 10 mila sterline offerte da una fondazione inglese.

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