Renzi: no al modello L’Aquila
«Ricostruire i paesi dov’erano»

Renzi: no al modello L’Aquila «Ricostruire i paesi dov’erano»
di Alberto Gentili
Sabato 27 Agosto 2016, 09:08 - Ultimo agg. 09:43
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Ora è ufficiale: niente new-town sul modello de l’Aquila. Ad Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e negli altri Comuni colpiti dal sisma, verranno ricostruiti i centri storici rasi al suolo dal terremoto. E il primo step, nei prossimi giorni, sarà la ripresa dell’attività scolastica: «Il segnale che la gente resta dov’è nata e cresciuta. Nessuno verrà sradicato dai suoi borghi».

Insomma Matteo Renzi e Claudio De Vincenti, dopo un vertice con il capo della protezione civile Fabrizio Curcio e con i governatori di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, Nicola Zingaretti, Luca Ceriscioli, Catiuscia Marini, Luciano D’Alfonso, scelgono il «modello emiliano»: «Nessuno verrà sradicato dal proprio territorio», è la prima parola d’ordine. L’altra, twittata dal premier: unità: «Siamo al lavoro, tutti insieme, tutti uniti».

Nella riunione di palazzo Chigi, durata oltre due ore, Renzi - dopo aver elogiato la Protezione civile per il salvataggio di 238 persone - ha spiegato che vuole ripartire dalle scuole «e dagli edifici comunali», per dimostrare «che lo Stato c’è in quei territori feriti mortalmente dal sisma». E per «evitare la fuga delle popolazioni». Dopo di che, ha sottolineato De Vincenti, «saranno i sindaci a decidere come andrà garantito un tetto agli sfollati». Per ora il numero provvisorio è di poco inferiore a 2.500, quelli che hanno chiesto ospitalità nelle tendopoli. Le opzioni per garantire poi una sistemazione a chi ha perso la casa sono al momento due: i moduli abitativi provvisori (prefabbricati), oppure il trasferimento in hotel poco distanti dai luoghi della tragedia. «In ogni caso dal governo non verrà alcuna imposizione, l’ultima decisione spetterà ai sindaci dei Comuni terremotati». 

Una linea confermata poco più tardi in conferenza stampa. «Condividiamo il sentimento delle popolazioni delle zone colpite che vogliono poter rimanere radicate sul territorio», ha detto De Vincenti, «per questo la ricostruzione dovrà essere la ricostruzione dei centri colpiti come erano, più sicuri ma che mantengano intatte la tradizione, la cultura e le radici delle comunità locali». 
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