Renzi si prepara a correre da solo
«Stop a Pisapia, ci metterò la faccia»

Renzi si prepara a correre da solo «Stop a Pisapia, ci metterò la faccia»
di Alberto Gentili
Martedì 27 Giugno 2017, 08:19 - Ultimo agg. 10:13
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ROMA Matteo Renzi ai suoi non mostra grafici. Neppure sforna tweet volti a dimostrare che in fondo il Pd non ha perso. Nel day after di elezioni comunali decisamente amare, il segretario dem preferisce guardare avanti e fissare alcuni punti. Il primo: la sua leadership non è in discussione, Orlando se ne faccia una ragione. Il secondo: basta rincorrere Giuliano Pisapia o Carlo Calenda, in ragione della legge proporzionale con cui si giocheranno (probabilmente) le elezioni nazionali nella prossima primavera, il Pd si attrezza a correre da solo. Il terzo: «Quando mi sono candidato e c'ho messo la faccia, penso alle europee del 2014 e al referendum, ho preso il 41%. Starò pure antipatico, ma alla fine il consenso ce l'ho».

Certo, per Renzi non è una giornata facile. Ritiene però che ciò che è accaduto aiuterà a fare chiarezza sulla questione delle alleanze. «Perché», come dice il fedelissimo Andrea Marcucci, «a Genova ha perso il modello di alleanza larga, stile Pisapia». E perché, visto che i risultati di domenica rafforzano l'ineluttabilità del ritorno al sistema proporzionale dove ogni partito corre da solo, «il centrosinistra da Pisapia a Calenda non ha proprio senso».

Eppure, perfino tra i suoi, cresce l'allarme. C'è chi teme il logoramento del leader: «Speriamo che Matteo non compia la stessa parabola di Bersani», dice un renziano di alto rango, «che non andò a elezioni quando era tempo e restò per un anno a bagnomaria. E si sa com'è finita...». Con la non vittoria del 2013.

L'analisi dei risultati compiuta da Renzi con i fedelissimi è a chiaroscuri. Ed è volta a marcare una discontinuità tra i dati locali e quelli nazionali: «Nel capoluoghi il risultato è stato decisamente negativo, ma nei Comuni sopra i 15 mila abitanti il quadro è molto meno brutto. La verità vera è che abbiamo perso. Rosato lo ha detto subito e non sto qui a fare la parte di quello che se la tira: abbiamo perso Genova, l'Aquila. Ma trarne un giudizio nazionale è semplicistico. Abbiamo vinto in Veneto, in provincia di Napoli un po' ovunque nonostante De Magistris, in Puglia a Taranto e a Lecce. In Emilia abbiamo perso 5 a 0, ma in Toscana abbiamo vinto 4 a 1. A Pistoia ha perso il candidato più orlandiano di tutti. E a Padova mica ho vinto io: le amministrative non le vinci e non le perdi. E' complicato dare un giudizio uniforme. Da mesi abbiamo detto: attenzione, alle politiche la sfida vera sarà tra noi e Berlusconi. Ecco, si è visto che sarà proprio così».

Riesumato il Cavaliere, desideroso di proporzionale per non finire stritolato tra le braccia di Matteo Salvini, Renzi con i suoi dedica un breve capitolo a Grillo: «Parla di sconfitta del Pd. Proprio lui che si è presentato in cento e rotti comuni e ne ha vinti 10! È semplicemente ridicolo». E soprattutto demolisce il progetto della sinistra larga, rispedendo al mittente la richiesta di mettere in palio la leadership: «Se il Pd ha perso, Pisapia è uscito a pezzi. Anzi, queste elezioni sono la dimostrazione che Pisapia non esiste. A Genova abbiamo candidato quello che volevano loro, che voleva Mdp. E com'è andata? Però almeno così si fa un po' di chiarezza su questa cosa. Perché se non si fa chiarezza, non si risolve il tema delle alleanze. Domattina (oggi, ndr.) lo dirò alla mia rassegna stampa: il centrosinistra da Pisapia a Calenda non ha proprio senso. E chi nel Pd come Orlando e Cuperlo chiede nuove primarie, è semplicemente ridicolo. Non gli è ancora bastato? Tutti mi davano per morto, poi alle primarie si è visto che proprio morto non sono, nonostante il ponte del 1° maggio e nonostante la vicenda Consip. Ogni volta che si sono fatte le primarie, e loro si sono presentati, hanno sempre perso. Non gli basta mai? È come se io volessi rifare il referendum perché mi è piaciuto schiantarmi...».

L'archiviazione del patto con l'ex sindaco di Milano, il rivendicare la guida del partito, va a braccetto con la voglia (il proposito) di tornare il Renzi prima maniera. Qui l'ex premier con i suoi è un fiume in piena: «D'ora in poi il mio motto sarà, stai il più possibile lontano da Roma, dal Palazzo, stai tra la gente. Ed è proprio quello che intendo fare. Dopo l'assemblea dei circoli Pd» di venerdì e sabato a Milano, «si parte con le feste dell'Unità. Poi salgo in treno e giro il Paese per parlare con l'Italia vera. Ho dalla mia una grande tranquillità psicologica: quando sono uscito da palazzo Chigi mi attaccavano da ogni parte, dicendo che sulle riforme avevo fallito. Ora però cominciano a riconoscermi il merito di aver realizzato tante cose, dal Jobs Act in giù, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Il punto vero è che ora bisogna essere in grado di intostare la linea. Diciamo giù le tasse? E allora dobbiamo dirlo e ripeterlo ogni momento: giù le tasse!».

Il passo successivo è dare un'occhiata in casa del centrodestra. Qui Renzi non vede un futuro facile per Berlusconi: «Certo, ha vinto. Anche se, è bene ricordarlo, non ha la maggioranza dei Comuni. O, per essere precisi: se guardiamo agli abitanti, il 40% della popolazione ha comunque un sindaco del Pd. Ma Berlusconi ha vinto, d'accordo. Il punto è che farà adesso. Leggo sui giornali qualcuno scrivere: Vincono i moderati. Ma se il centrodestra ha vinto grazie alla Lega, che moderati sarebbero? Hanno preso 160 comuni del piffero, diciamocelo. Salvini e Berlusconi non hanno fatto altro che combattersi e continuano a litigare su tutto».

Non manca una botta ad Angelino Alfano. Che rivela, tra le righe, di non aver del tutto chiuso a qualche ritocco a favore delle coalizioni nella legge elettorale: «Se per il Pd questo voto è stata una botta, per quelli al centro è stata una botta ancora più forte». Per Renzi «il Centro non esiste più, Alfano non è mai esistito. Possono inventarsi Calenda, ma quanto può fare? Il 3, il 5%? Dipende tutto da come si presenta Berlusconi: se va da solo, per il Centro non c'è spazio, se va con la Lega allora sì. Ma chi farà il leader? Berlusconi? Salvini? Non ce lo vedo proprio Berlusconi che accetta un leader diverso da sé stesso. Candiderà Tajani? E come si mette il presidente dell'Europarlamento a rappresentare un'alleanza con gli euroscettici italiani?».
 

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